A Cosio, la chiesa di San Martino, originaria del XII secolo, ha subito modifiche nel XV e XVII. Oltre a frammenti di pregevoli affreschi del Cinquecento, tele, statue e arredi dei secoli XV-XVIII, custodisce una tela con il Martirio di S. Bartolomeo, di ottima fattura. Si ritiene dipinto su un modello di un’incisione di Giuseppe Ribera detto lo Spagnoletto.
All’esterno sul fianco di sinistra sono visibili affreschi del Cinquecento che ritraggono San Sebastiano e San Martino a cavallo. In una nicchia la Madonna con due Santi ed in due tondi l’Angelo e l’Annunziata.
La costruzione della chiesa dei Santi Pietro e Andrea iniziò nel 1675 per volontà del parroco Don Stefano Giubino ma i lavori si attuarono solo tra il 1690 e il 1703 quando era parroco Don Carlo Francesco Peregalli. I lavori vennero affidati al capo mastro ticinese Martino Adamo di Carona; dopo la sua morte i figli li continuarono. La consacrazione avvenì solo nel 1882 da parte di Mons. Carsana.
L’esterno si presenta con una grande e sobria mole affiancata da un elegante torre campanaria alta circa 30 metri inserita all’interno del perimetro del tempio. Il campanile a base quadrata termina con una struttura a base ottagonale scandita da otto elementi ad arco. La facciata si presenta come un ampio arco di trionfo ad un’unica fornace cieca in cui si collocano due registri orizzontali coronati da un grande timpano. Nel registro superiore trova posto al centro una semplice finestra rettangolare con cornice mistilinea, mentre in quello inferiore si colloca l’elegante portale in granito coronato da due anfore strabordanti di frutta. Al di sopra si trova un dipinto raffigurante i santi titolari.
L’interno è costituito da un’ampia aula rettangolare con volta a botte. Sulla navata si affacciano quattro cappelle laterali ed il presbiterio di forma quadrata. Nel corso della sua storia le parti interne hanno subito molteplici rimaneggiamenti che hanno appesantito gli apparati decorativi e stravolto il progetto originale. Le quattro vele della volta raffiguranti i Quattro Evangelisti furono ridipinte del pittore bergamasco Marigliani sostituendo altri quattro medesimi soggetti forse dipinti dal Gavazzeni, di cui si osserva al centro della volta una suggestiva Assunzione della Vergine in cielo. Lungo le pareti dell’aula si snoda la Via Crucis formata da belle incisioni settecentesche caratterizzate da una sontuosa ornamentazione.
Nella controfacciata sono inserite tre importanti tele petriniane. Le due laterali rappresentano l’intensa figura di San Pietro con i suoi simboli iconografici: il gallo, le chiavi e la piramide di Cestio. A destra è raffigurato San Giovanni Evangelista come un vecchio dormiente. La tela centrale, dipinta tra il 1704 e il 1707, rappresenta il Martirio di Gorcum in cui diciannove sacerdoti vennero trucidati. Nel corso degli anni ’90 la tela ha subito un intervento di restauro conservativo.
La Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo di Ardenno è documentata fin dall’anno Mille, ma l’attuale edificio sorse non prima del 1497. Le modifiche apportate lungo i secoli alle sue strutture e alle decorazioni interne ed esterne hanno però modificato non poco l’aspetto della chiesa. Furono gli emigranti che durante i secoli inviarono le somme necessarie per la manutenzione ordinaria e per i lavori di ampliamento ed abbellimento. L’importanza di questo luogo è testimoniata dal fatto che in alcuni documenti è citata, all’interno delle mura del paese, una “turris ecclesiae episcopalis” poiché qui il vescovo riscuoteva le entrate che fruttavano dai beni valtellinesi. Nel 1540 venne inaugurata la grande ancona lignea eseguita dal Del Mayno. Un importante ampliamento è invece attestato dalla data 1584 incisa sull’architrave del portale d’ingresso. Lavori di restauro si susseguirono copiosi lungo i secoli fino a giungere al XX sec.
La facciata conclusa da un timpano è scandita verticalmente da quattro semplici lesene. Inoltre, è ingentilita al centro da un portale cinquecentesco in pietra nel cui timpano si osserva una scultura in marmo bianco raffigurante la Pietà. Ai lati si osservano due finte nicchie, mentre appena al di sotto del cornicione del timpano trovano posto tre finte finestre rettangolari. La torre campanaria è di origine romanica e risulta sopraelevata e ampiamente modificata in epoca imprecisata; su di essa si osservano ancora gli archetti ciechi correre sui lati nord ed est su più registri.
L’interno appare piuttosto unitario. L’aula è coperta da un ampio soffitto affrescato scenograficamente nei primi anni del Novecento dal pittore locale Eliseo Fumagalli, autore anche dei dipinti sulla volta del presbiterio. Due cappelle e due altari posti direttamente all’interno dell’unica navata caratterizzano lo spazio del tempio. La prima cappella a destra presenta una grande tela tardo cinquecentesca che raffigura l’Incoronazione della Vergine alla presenza della Santissima Trinità, di quattro Santi e dei due committenti Parravicini in orazione. L’altare in raffinate forme barocche presenta al centro una pala sei-settecentesca raffigurante Sant’Antonio da Padova col Bambino. Di epoca rococò il delizioso pulpito ligneo. Il presbiterio è incorniciato da un grande arco di trionfo poggiante su colonne e lesene dal capitello vagamente ionico. Questo presenta al centro un semplice altare marmoreo nel cui paliotto si osserva una croce greca. Dietro all’altare appare la grande ancona lignea, tra le opere più importanti della provincia di Sondrio. Originariamente venne posta sopra l’altar maggiore per poi essere rimossa nel 1728 e successivamente riassemblata. Uscendo dalla zona presbiteriale ci si imbatte in un altare in cupo marmo nero di Varenna, impreziosito nel paliotto da un motivo a raggiera eseguito con colorati marmi policromi e da una deliziosa grata in ferro battuto. Le due colonne incorniciano una tela seicentesca raffigurante San Carlo Borromeo in adorazione del Santissimo Sacramento. L’ultima cappella è invece dedicata al culto della Beata Vergine e stupisce per la raffinata decorazione plastica in stucco, anche se oggi è assai deteriorata. Inoltre presenta al centro una nicchia, dove si osserva il simulacro della Madonna col Bambino e attorno, circondata da 15 piccoli ramini raffiguranti i Misteri del Rosario.
Citata per la prima volta in un documento del 1350, una chiesa dedicata a Sant’Ambrogio sorgeva a Regoledo sicuramente almeno già dal IX secolo. Essa era legata alla presenza dei monaci benedettini di Sant’Ambrogio di Milano. Di questo tempio, che sappiamo essere stato ampliato nel Settecento, non rimane più nulla in quanto abbattuto nel 1919 quando la chiesa nuova era già completata. L’attuale chiesa di Sant’Ambrogio venne eretta ex-novo a partite dal 1862 su commissione della comunità parrocchiale di Regoledo. Il progetto fu affidato a Cesare Scalcini, di origini morbegnesi, che disegnò un edificio neoclassico ispirato alla basilica di San Carlo al Corso di Milano. L’orientamento era Est-Ovest e la pianta centrale ruotava attorno ad un grande ottagono, con vani aperti su ogni lato.
All’interno, il catino absidale presenta un affresco di Alberto Gavazzeni raffigurante la Glorificazione di sant’Ambrogio. Quindi nella maestosa cupola l’affresco di Cristo Re dell’universo, opera di Mario Albertella, risale al 1933. In quest’ultimo è anche interessante notare due angeli che sorreggono la bandiera del Regno d’Italia e dello Stato Pontificio, in omaggio ai Patti Lateranensi da poco siglati. Dalla precedente chiesa provengono l’altare di San Giuseppe, la tela settecentesca in esso collocata raffigurante il Transito di san Giuseppe e anche il cinquecentesco Trittico Baruta, preziosa opera lignea posta nella parete destra dell’abside.
La chiesa parrocchiale di Pedesina, dedicata a Sant’Antonio Abate, fu consacrata il 30 novembre 1424 e divenne parrocchia circa due secoli dopo, nel 1634. E’ raggiungibile salendo una stradina a destra della via principale del paese la chiesa. Caratterizzata dalla vista panoramica del sagrato, presenta una sola navata con battistero e due cappelle laterali. Nella cappella di destra è presente una “Ultima Cena” realizzata dal pittore pedesinese Antonio Tarabini, risalente al 1649. Degna di nota è altresì la pala in legno dorato, finemente scolpita ed intagliata, decorata da colonnine e putti presente nella cappella a sinistra.
L’altare maggiore è caratterizzato dalla presenza di un “Cristo giovane”, di autore sconosciuto, datato 1686. La casa parrocchiale, alla sinistra della chiesa, custodisce un affresco risalente al 1564, raffigurante la “Vergine con il Bambino insieme a San Rocco e a San Sebastiano”. L’opera è del grosino Cipriano Valorsa, tra i più capaci pittori valtellinesi del XVI secolo.
Nella notte tra il 9 e il 10 agosto 2009, durante un forte temporale, un fulmine colpisce la base della croce posizionata in cima al campanile. Caddero pezzi sul terreno circostante, fortunatamente senza provocare gravi danni né feriti. La croce è stata successivamente riposizionata sul campanile ristrutturato, grazie anche all’intervento della Pro Loco di Pedesina. I frammenti originali sono stati raccolti e ricomposti, e sono tutt’ora visibili all’esterno della Chiesa.
Riedificata nel corso del XVII sec. in sostituzione di una cappella quattrocentesca, la chiesa di San Michele Arcangelo si presenta all’interno ricca di opere di pregio. Sono splendidi i confessionali lignei settecenteschi arricchiti da un’opulenta decorazione posti lungo i fianchi della navata su cui si affacciano quattro cappelle laterali. L’altar maggiore è costituito da un’imponente ancona lignea di fattura barocca architettonicamente strutturata. Alle pareti del presbiterio otto tele del valtellinese Cesare Ligari (sec. XVIII) con busti di santi tra le quali spicca per qualità quella raffigurante il santo boemo, martire della confessione Giovanni Nepomuceno. Nell’annesso oratorio è da vedere la pala con l’Immacolata opera di Giacomo Parravicini detto il Gianolo.
La Chiesa di San Giorgio fu eretta tra il Seicento e il Settecento in sostituzione di un più piccolo tempio quattrocentesco. L’interno spazioso presenta quattro cappelle laterali. Tra i gioielli della chiesa vi è la tela con il Transito di San Giuseppe replica dell’opera dipinta da Andrea Lanzani (sec XVIII) per l’insigne collegiata di San Giovanni Battista di Morbegno. Decisamente interessante è anche la pala del primo altare a destra raffigurante San Giovanni Nepomuceno con i Santi Carlo Borromeo e Filippo Neri (sec XVIII).
La piccola chiesa di Santa Caterina si trova poco al di fuori dell’abitato di Corlazzo (Traona), lambita dalla strada a mezza costa Traona – Santa Croce, detta Via Manescia, e dall’antico percorso con i nuclei di Santa Apollonia e Valletta. L’edificio risale almeno alla seconda metà del XV secolo, come documentano gli affreschi più antichi del presbiterio. La forma ed alcuni elementi della sacrestia fanno però pensare ad una struttura precedente, forse una torre d’osservazione. La struttura venne successivamente ampliata verso ovest, forse nel XVI secolo, assumendo le fattezze attuali.
La facciata presenta frammenti di un dipinto murale. Il piccolo, asimmetrico rosone, durante alcuni tramonti dell’anno, convoglia i raggi del sole formando un cerchio di luce che avvolge la Madonna dai lunghi capelli col Bambino del presbiterio. Particolarmente interessanti per gli antichi affreschi sono il presbiterio e la cappella. Il primo ha una volta a crociera con costoloni decorati che poggiano su peducci in granito, suddivisa in quattro vele. Esse recano i Dottori della Chiesa e in chiave di volta la Trinità trifronte. Sulla parete di fondo è raffigurato lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina, le Sante Agata e Apollonia e quattro monaci. Al centro della rappresentazione la Vergine siede su un trono di marmo coperto da stoffe di bel disegno. Quindi il pavimento, disegnato a quadri, dona l’effetto della prospettiva. Questo ciclo di affreschi è attribuito ad un Pittore lombardo del nono decennio del XV secolo.
La cappella, sul lato sud, è anch’essa affrescata. La composizione delle pareti è suddivisa in due fasce: un basamento a figure geometriche e una Processione di Santi. Tra questi spicca la figura di San Pietro. Nella parete di fondo si riconoscono la Madonna col Bambino, Santa Caterina, San Giovanni Battista e numerosi Angeli musicanti con clavicembalo, liuti e altri strumenti. La volta contiene dei medaglioni recanti delle figure di Sante, mentre del Cristo entro una mandorla luminosa con Evangelisti ai lati non rimangono che delle tracce. Gli affreschi della cappella sono attribuiti a Giovanni Andrea de Magistris, quindi databili all’inizio del XVI secolo. All’esterno, sul muro del presbiterio verso la strada, protetto da uno sporto, v’è l’affresco dell’Annunciazione. Esso è caratterizzato da una “geometrizzazione” delle figure e un “vago, ma intenso sapore pier-francescano”.
La composizione è divisa in due parti da una finestra decorata: da un lato l’Angelo di profilo su uno sfondo di montagne, dall’altro la Madonna entro un tempietto con colonna e capitello e strutture ad arco. La colonna divide, netta, gli spazi della natura da quelli del tempietto. Anche questo affresco, “dagli influssi d’arte toscana”, è attribuito alla mano del Pittore quattrocentesco che ha dipinto il presbiterio.
La Chiesa di Sant’Alessandro si trova in posizione dominante sulla “grande borgata di Traona”. Le case lasciano gradualmente il posto ai vigneti terrazzati che caratterizzano il paesaggio traonese. Inoltre, essa si lascia osservare da buona parte della Bassa Valtellina.
Esistente già nel secolo XIII, venne ricostruita a partire dal 1604 e consacrata nel 1690, conservando il campanile e alcuni elementi precedenti: l’abside rivolta ed est e l’elegante porticato che regala un suggestivo panorama della bassa valle. Gli interni sono affrescati dal Gianolo Parravicini, autore anche dei dipinti che decorano il presbiterio con quadrature di G. Antonio Torricelli (1756).
Lungo la strada che risale il versante orobico fino al Passo San Marco, a circa 720 m di altitudine nella frazione morbegnese di Arzo, la Chiesa di San Giovanni costituisce un autentico gioiello di devozione.
Costruito in luogo di una precedente cappella quattrocentesca, di cui rimangono alcune tracce pittoriche sulla parete absidale, l’edificio attuale risale al XVII secolo e venne arricchito di pregevoli arredi nel secolo successivo nonché rimaneggiato nelle sue decorazioni interne ed esterne a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
Il fronte del tempio, di squisite forme barocche, poggia su un alto zoccolo di granito ed è scandito verticalmente da quattro snelle lesene decorate a grottesca culminanti in un cornicione leggermente aggettante che funge da base per il curvilineo fastigio barocco. La facciata, caso rarissimo in Valtellina, è interamente affrescata: tra il portale e il piccolo rosone troviamo una Sacra Conversazione dell’artista valtellinese G. Gavazzeni (seconda metà del XIX secolo) in cui compaiono la Madonna col Bambino, Sant’Antonio da Padova e il Battista, mentre ai lati, tra le lesene, riconosciamo nelle finte nicchie a destra San Luca e a sinistra San Giovanni. Più in alto, tra il marcapiano e il fastigio, osserviamo infine le Virtù Teologali.
L’interno, intimo e accogliente, ad aula con volta, presenta due cappelle laterali e un abside a pianta quadrangolare. Le volte dell’unica navata furono dipinte con semplici motivi ornamentali tra il 1877 e il 1934 mentre lungo le pareti si snoda un’interessante Via Crucis dipinta da Pietro Passerini, secondo la tradizione, allievo del Gavazzeni. La cappella di destra, dedicata alla Madonna, ospita un’elegante ancona lignea risalente al XVI secolo, ed ospita al suo interno una vivace tela tardo-cinquecentesca raffigurante la Madonna col Bambino coronata da due angeli e i Santi Pietro e Giovanni Evangelista.
La cappella di sinistra accoglie un’ancona settecentesca interamente dipinta ad imitazione del marmo. Ospita due tele settecentesche: in alto un piccolo dipinto raffigurante un intenso Ecce Homo, e la pala d’altare con il Cristo Crocefisso con ai lati i Santi Luca Evangelista e Francesco Saverio. Nel presbiterio, addossato alla parete di fondo, l’altare maggiore di epoca barocca in marmi policromi è coronato da un’ancona lignea a portale datata 1590 che racchiude una tela coeva dell’artista tardo manierista Antonio Canclini, originario dell’Alta Valtellina, raffigurante Il Battesimo di Cristo. Dietro l’altare è emersa negli ultimi interventi di restauro una lunetta affrescata risalente alla prima cappella quattrocentesca.