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Chiesa di San Lorenzo

La Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo di Ardenno è documentata fin dall’anno Mille, ma l’attuale edificio sorse non prima del 1497. Le modifiche apportate lungo i secoli alle sue strutture e alle decorazioni interne ed esterne hanno però modificato non poco l’aspetto della chiesa. Furono gli emigranti che durante i secoli inviarono le somme necessarie per la manutenzione ordinaria e per i lavori di ampliamento ed abbellimento. L’importanza di questo luogo è testimoniata dal fatto che in alcuni documenti è citata, all’interno delle mura del paese, una “turris ecclesiae episcopalis” poiché qui il vescovo riscuoteva le entrate che fruttavano dai beni valtellinesi. Nel 1540 venne inaugurata la grande ancona lignea eseguita dal Del Mayno. Un importante ampliamento è invece attestato dalla data 1584 incisa sull’architrave del portale d’ingresso. Lavori di restauro si susseguirono copiosi lungo i secoli fino a giungere al XX sec.

La facciata conclusa da un timpano è scandita verticalmente da quattro semplici lesene. Inoltre, è ingentilita al centro da un portale cinquecentesco in pietra nel cui timpano si osserva una scultura in marmo bianco raffigurante la Pietà. Ai lati si osservano due finte nicchie, mentre appena al di sotto del cornicione del timpano trovano posto tre finte finestre rettangolari. La torre campanaria è di origine romanica e risulta sopraelevata e ampiamente modificata in epoca imprecisata; su di essa si osservano ancora gli archetti ciechi correre sui lati nord ed est su più registri.

L’interno appare piuttosto unitario. L’aula è coperta da un ampio soffitto affrescato scenograficamente nei primi anni del Novecento dal pittore locale Eliseo Fumagalli, autore anche dei dipinti sulla volta del presbiterio. Due cappelle e due altari posti direttamente all’interno dell’unica navata caratterizzano lo spazio del tempio. La prima cappella a destra presenta una grande tela tardo cinquecentesca che raffigura l’Incoronazione della Vergine alla presenza della Santissima Trinità, di quattro Santi e dei due committenti Parravicini in orazione. L’altare in raffinate forme barocche presenta al centro una pala sei-settecentesca raffigurante Sant’Antonio da Padova col Bambino. Di epoca rococò il delizioso pulpito ligneo. Il presbiterio è incorniciato da un grande arco di trionfo poggiante su colonne e lesene dal capitello vagamente ionico. Questo presenta al centro un semplice altare marmoreo nel cui paliotto si osserva una croce greca. Dietro all’altare appare la grande ancona lignea, tra le opere più importanti della provincia di Sondrio. Originariamente venne posta sopra l’altar maggiore per poi essere rimossa nel 1728 e successivamente riassemblata. Uscendo dalla zona presbiteriale ci si imbatte in un altare in cupo marmo nero di Varenna, impreziosito nel paliotto da un motivo a raggiera eseguito con colorati marmi policromi e da una deliziosa grata in ferro battuto. Le due colonne incorniciano una tela seicentesca raffigurante San Carlo Borromeo in adorazione del Santissimo Sacramento. L’ultima cappella è invece dedicata al culto della Beata Vergine e stupisce per la raffinata decorazione plastica in stucco, anche se oggi è assai deteriorata. Inoltre presenta al centro una nicchia, dove si osserva il simulacro della Madonna col Bambino e attorno, circondata da 15 piccoli ramini raffiguranti i Misteri del Rosario.

Chiesa di Sant’Ambrogio

Citata per la prima volta in un documento del 1350, una chiesa dedicata a Sant’Ambrogio sorgeva a Regoledo sicuramente almeno già dal IX secolo. Essa era legata alla presenza dei monaci benedettini di Sant’Ambrogio di Milano. Di questo tempio, che sappiamo essere stato ampliato nel Settecento, non rimane più nulla in quanto abbattuto nel 1919 quando la chiesa nuova era già completata. L’attuale chiesa di Sant’Ambrogio venne eretta ex-novo a partite dal 1862 su commissione della comunità parrocchiale di Regoledo. Il progetto fu affidato a Cesare Scalcini, di origini morbegnesi, che disegnò un edificio neoclassico ispirato alla basilica di San Carlo al Corso di Milano. L’orientamento era Est-Ovest e la pianta centrale ruotava attorno ad un grande ottagono, con vani aperti su ogni lato.

All’interno, il catino absidale presenta un affresco di Alberto Gavazzeni raffigurante la Glorificazione di sant’Ambrogio. Quindi nella maestosa cupola l’affresco di Cristo Re dell’universo, opera di Mario Albertella, risale al 1933. In quest’ultimo è anche interessante notare due angeli che sorreggono la bandiera del Regno d’Italia e dello Stato Pontificio, in omaggio ai Patti Lateranensi da poco siglati. Dalla precedente chiesa provengono l’altare di San Giuseppe, la tela settecentesca in esso collocata raffigurante il Transito di san Giuseppe e anche il cinquecentesco Trittico Baruta, preziosa opera lignea posta nella parete destra dell’abside.

Chiesa di Sant’Antonio Abate a Pedesina

La chiesa parrocchiale di Pedesina, dedicata a Sant’Antonio Abate, fu consacrata il 30 novembre 1424 e divenne parrocchia circa due secoli dopo, nel 1634. E’ raggiungibile salendo una stradina a destra della via principale del paese la chiesa. Caratterizzata dalla vista panoramica del sagrato, presenta una sola navata con battistero e due cappelle laterali. Nella cappella di destra è presente una “Ultima Cena” realizzata dal pittore pedesinese Antonio Tarabini, risalente al 1649. Degna di nota è altresì la pala in legno dorato, finemente scolpita ed intagliata, decorata da colonnine e putti presente nella cappella a sinistra.

L’altare maggiore è caratterizzato dalla presenza di un “Cristo giovane”, di autore sconosciuto, datato 1686. La casa parrocchiale, alla sinistra della chiesa, custodisce un affresco risalente al 1564, raffigurante la “Vergine con il Bambino insieme a San Rocco e a San Sebastiano”. L’opera è del grosino Cipriano Valorsa, tra i più capaci pittori valtellinesi del XVI secolo.

Nella notte tra il 9 e il 10 agosto 2009, durante un forte temporale, un fulmine colpisce la base della croce posizionata in cima al campanile. Caddero pezzi sul terreno circostante, fortunatamente senza provocare gravi danni né feriti. La croce è stata successivamente riposizionata sul campanile ristrutturato, grazie anche all’intervento della Pro Loco di Pedesina. I frammenti originali sono stati raccolti e ricomposti, e sono tutt’ora visibili all’esterno della Chiesa.

Chiesa di San Michele Arcangelo

Riedificata nel corso del XVII sec. in sostituzione di una cappella quattrocentesca, la chiesa di San Michele Arcangelo si presenta all’interno ricca di opere di pregio. Sono splendidi i confessionali lignei settecenteschi arricchiti da un’opulenta decorazione posti lungo i fianchi della navata su cui si affacciano quattro cappelle laterali. L’altar maggiore è costituito da un’imponente ancona lignea di fattura barocca architettonicamente strutturata. Alle pareti del presbiterio otto tele del valtellinese Cesare Ligari (sec. XVIII) con busti di santi tra le quali spicca per qualità quella raffigurante il santo boemo, martire della confessione Giovanni Nepomuceno. Nell’annesso oratorio è da vedere la pala con l’Immacolata opera di Giacomo Parravicini detto il Gianolo.

Chiesa di San Giorgio

La Chiesa di San Giorgio fu eretta tra il Seicento e il Settecento in sostituzione di un più piccolo tempio quattrocentesco. L’interno spazioso presenta quattro cappelle laterali. Tra i gioielli della chiesa vi è la tela con il Transito di San Giuseppe replica dell’opera dipinta da Andrea Lanzani (sec XVIII) per l’insigne collegiata di San Giovanni Battista di Morbegno. Decisamente interessante è anche la pala del primo altare a destra raffigurante San Giovanni Nepomuceno con i Santi Carlo Borromeo e Filippo Neri (sec XVIII).

Palazzo Valenti

Nel cuore di Talamona, paese orobico della bassa Valtellina, sorge un edificio di epoca rinascimentale, originariamente posseduto dalla nobile famiglia Spini; dal 1837 è di proprietà della famiglia Valenti.

L’edificio, che guarda su una piccola corte, è impreziosito da una facciata dipinta, ben visibile a chi risale la via Valenti. Se il tempo ha causato il deterioramento della fascia affrescata del primo piano, si sono invece ben conservati i riquadri dipinti in corrispondenza del secondo piano. L’identificazione del soggetto è stata resa possibile da alcuni particolari significativi emersi durante un intervento di restauro del 1999: l’ippogrifo, il castello del Mago Atlante, paladini e cavalieri, hanno consentito di riconoscerne la fonte letteraria nell’Orlando furioso. Studi successivi hanno messo in luce che i sei riquadri rappresentano episodi presenti nei primi due canti del poema e che riprendono l’edizione illustrata di Giolito de’ Ferrari, del 1542. La sequenza delle scene è coerente con la lettura dei riquadri da destra verso sinistra, punto di vista di chi si avvicina al palazzo provenendo dalla strada.

Vero manifesto degli ideali classici, l’affresco talamonese è caratterizzato da una composizione vigorosa ed armonica. Le figure color rame paiono animarsi alla luce del tramonto, mettendo eternamente in scena le avventure di Sacripante, Ferraù, Bradamante, Pinabello, Rinaldo, Angelica. La raffinatezza degli elementi architettonici classici, l’equilibrio nella scelta dei colori, la sapiente stesura dei materiali e l’originale interpretazione delle fonti iconografiche ne fanno un’opera di grande valore. L’apparato decorativo si può datare tra il 1575 e i primi anni del ‘600; l’ autore, ancora sconosciuto, fu sicuramente in contatto con le maggiori correnti artistiche e culturali dell’epoca.

Dopo l’intervento eseguito alla fine degli anni ’90, un più recente restauro ha ulteriormente contribuito a valorizzare la qualità artistica complessiva della facciata.

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La quadreria di Sacco

La Casa Parrocchiale della Frazione di Sacco, nel comune di Cosio Valtellino, venne riedificata a metà del XVIII secolo.

Attualmente ospita gran parte dei quadri appartenenti alla Quadreria di San Lorenzo. Si tratta di una collezione di dipinti che conta ben 73 tele eseguite su supporto tessile in diverse epoche tra il XVI e XIX secolo. Ventidue di queste sono collocate all’interno della Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo.

Nell’edificio della casa parrocchiale, invece, sono esposte ben 51 opere, molte delle quali provenienti dalle varie chiesette sparse per il paese di Sacco.

L’importanza di questi quadri non è tanto da ricercarsi nel loro valore artistico, quanto piuttosto nell’essere testimonianza della forte devozione dei parrocchiani del paese di Sacco.

Inoltre una parte di queste tele è ricordo degli “emigranti”, gente che ha abbandonato durante il XVII secolo la valle per cercare lavoro nei porti di Genova e Napoli. Da qui provengono le tele come la grande pala d’altare dedicata a San Lorenzo.

La maggioranza delle opere presenta una raffigurazione religiosa tipica dell’iconografia controriformata. Sono rappresentati vari soggetti: l’Immacolata Concezione, la Crocefissione, la Madonna circondata da Santi, gli ex voto e le figure dei Santi.

Le sale espositive sono state organizzate nel seguente modo: al primo piano vi è il Corridoio dei Ritratti dei Parroci di Sacco, al secondo piano la Sala dei Santi, la Sala Mariana e il Corridoio del Cristo.

C’è anche una stanza dedicata al Campanile che ospita il meccanismo e le lancette del vecchio orologio.

Attrattiva aperta al pubblico e visitabile durante le aperture programmate organizzate dall’ Ecomuseo della Valgerola e possibilità di visite extra contattando l’Ecomuseo

Il Palazzo del Podestà a Caspano

Il palazzo sorge nel borgo di Caspano, nel comune di Civo, e fu costruito intorno alla metà del sec XVI in posizione dominante sulla valle con i tratti tipici del Rinascimento.

Formato da 3 grandi volumi in pietra disposti a ferro di cavallo intorno al cortile centrale, possiede un atrio in ciottolato che rappresenta il cuore del palazzo, contornato da un portico sorretto da colonne in granito con capitelli in stile dorico.

Il Palazzo era sede del Podestà di Traona. Il piano terra serviva al movimento di milizia e contadini, il primo piano era di rappresentanza e il secondo era riservato alla residenza della famiglia. A tutt’oggi è ancora abitato.

Il portale d’ingresso in pietra, sulla chiave di volta porta incisa la data MDLX (1560)

Brochure realizzata dalla classe III A Indirizzo Turismo, dalle classi III A, IV A, V A Produzioni Tessili Sartoriali, dalla classe III A SSS Servizi per la Sanità e Assistenza Sociale dell’Istituto di Istruzione Superiore Saraceno Romegialli di Morbegno, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Statale “Giovanni Gavazzeni” di Talamona.

La Madonnetta

In maniera affettuosa i morbegnesi chiamano Madonnetta questa cappelletta posta ai piedi della montagna. Il piccolo edificio fu costruito per custodire un affresco quattrocentesco ritenuto miracoloso, la leggenda vuole che qui la Madonna si riposò prima di apparire a Tirano nel 1504.

L’interno, un tempo ricoperto da tavolette ex voto, presenta un semplice altare ligneo coronato da due figure di angeli che incornicia l’affresco miracoloso della Madonna col Bambino. I dipinti sulle volte del portico esterno, la raffaellesca Madonna con Bambino e angeli oranti dipinti all’interno del timpano sono di Giovanni Gavazzeni.

Chiesa di San Pietro

Addossata al palazzo dei Castelli di Sannazzaro, oggi è la casa comunale di Morbegno. La chiesa di San Pietro venne fondata nel 1337 per incontrare le esigenze del nuovo ceto sociale composto da artigiani e mercanti che in quella parte del borgo si era stabilito.

Fu la prima vera parrocchiale di Morbegno. Eretta da maestranze della Val d’Intelvi o della Valsolda, che progettarono un edificio di ampiezza sostanzialmente uguale a quella di oggi. La chiesa è testimone per eccellenza della storia della città. Al suo interno si tenevano le assemblee civiche, era punto di riferimento durante alluvioni o pestilenze. Nel 1559 venne assegnata al culto riformato dai Grigioni, padroni dal 1512 di Valtellina e Valchiavenna. Morbegno, benché comunità aperta e tollerante, non venne risparmiata dai moti che nel 1620 portarono all’eccidio e alla cacciata dei riformati presenti in Valtellina. Questo episodio e gli avvenimenti dei vent’anni successivi, se non impedirono ai Grigioni di mantenere il controllo sulle due valli fino alle soglie del 1800, portarono alla proibizione del culto protestante in questi territori e la conseguente riconversione di tutte le chiese riformate in cattoliche.

La chiesa di San Pietro venne già dal 1620 affidata alla Confraternita del Santissimo Sacramento, che si assunse l’impegno di ristrutturarla. Nel 1642 solo la volta doveva essere completata, nel 1669 i lavori erano finiti e la chiesa rinnovata “in forma elegante, con volta imbiancata, luminosa e pavimentata”. Al 1681 risale il fregio continuo in stucco bianco con intonaco rosa e motivi floreali. Si accede all’edificio tramite un caratteristico portale in marmo nero sormontato da un timpano spezzato che ospita un’ampia finestra. L’interno, un’unica sala scandita da tre campate con volte a botte e due cappelle laterali, presenta numerosi affreschi eseguiti ad inizio Settecento da Pietro Bianchi detto “Il Bustino”. Dell’artista sono le storie dei santi Pietro e Paolo che colorano la volta della navata.

Interessante notare come, in una chiesa dal passato riformato, molti dei temi rappresentati celebrino la Controriforma. Sulla volta della cappella destra, dedicata a Carlo Borromeo, il santo è dipinto in gloria come un “nuovo Costantino”. Accompagnato dal motto “in hoc signo vinces”, si erge a novello campione della cristianità cattolica e della Controriforma contro le eresie. L’affresco sulla volta del presbiterio rappresenta invece la vittoria della Chiesa di Roma sulla Chiesa riformata. Qui, a sinistra, quattro eretici vengono scacciati dalla Verità con lo “speculum veritatis”. Al centro la Vergine e l’Eterno glorificano l’Eucaristia, in silente polemica con le dottrine riformate. L’altare maggiore, in commesso marmoreo, proviene dall’ex convento domenicano di Sant’Antonio. Alle sue spalle, la pala d’altare ospita una tela realizzata nel 1804 da Antonio Gualtieri raffigurante l’Ultima cena con la Trinità, ad ulteriore celebrazione del mistero eucaristico.