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Tartano – Bivacco Gusmeroli

PARTENZA: Tartano (1210 m)

ARRIVO: Bivacco Aldo e Sergio Gusmeroli (1881 m)

DISLIVELLO: ca. +671 m

TEMPO: ca. 1 ora e 45′

DIFFICOLTA’: OS

Dal cimitero di Tartano (m 1210) imbocchiamo, sulla sinistra, la strada che sale verso Caneva. La seguiamo fino a dove diventa più comodo proseguire a piedi lungo il sentiero che si stacca sulla destra.

Dopo alcuni tornanti si attraversa la contrada Fraccia (m 1360), dove termina la strada carrozzabile. Poco oltre si raggiunge Caneva (m 1404) e si continua in direzione est, su una traccia generalmente ben visibile, che passa nei pressi delle baite Scalota (m 1507).

Da qui l’itinerario si sviluppa lungo la dorsale sud-ovest del Munt Cöch, alternando tratti di bosco a radure panoramiche. In circa 1 ora e 45 minuti complessivi si raggiunge il Bivacco Aldo e Sergio Gusmeroli (m 1881), situato in posizione panoramica e sempre aperto.

La vista spazia dalle cime della Val Màsino alla bassa Val Tartano, offrendo un colpo d’occhio straordinario sull’intero versante.

Il rifugio, inaugurato l’11 settembre 2011, nasce dalla ristrutturazione della storica baita de Munt Cöch de Bàs: un edificio in pietra a un piano con tetto in beola locale. È dedicato alla memoria dei fratelli Aldo e Sergio Gusmeroli e dispone di stufa, cucina e 8 posti letto completi di materassi e coperte.

Le cappelle votive

Sono un’importante testimonianza dal punto di vista storico, religioso e antropologico. Presenti in tutto il Mandamento e in particolar modo sulla Costiera dei Cèch, in dialetto locale i “cincett” sul versante retico e “gesiӧӧ” sul versante orobico, raccontano la storia dei luoghi. Sono esempi di arte povera e devozione popolare, dove la gente si raccoglieva in preghiera per chiedere l’aiuto alla fatica quotidiana, per ringraziare Dio di uno scampato pericolo, come ex-voto, e per proteggersi da calamità e malattie.

Le opere spesso erano realizzate da artisti anonimi e locali che riuscivano a ricostruire in modo particolare la storia di quello che stava succedendo nella loro società, santelle abbellite e curate per svelare situazioni ambientali e culturali, tradizioni e leggende.

Queste cappelle hanno avuto nel tempo una specifica denominazione data dal luogo dove sono state costruite e sono presenti anche in alcune carte mappali catastali, proprio come punto di riferimento per la nomenclatura del territorio.

Chiesa di San Giorgio

La Chiesa di San Giorgio domina dall’alto il paese di Talamona, attorniata da case rurali in una zona ove sorgevano fortificazioni medievali.  

Di origine trecentesca, la chiesa ha un’unica navata con ai lati 2 cappelle e probabilmente era già affrescata nel sec. XV.

Sul portone d’ingresso si trova un rosone con 8 raggi che rappresentano l’infinito. La chiesa fu ridipinta nel 1570 da Francesco Guaita e Abbondio Baruta. Rimangono visibili due affreschi – una Ultima Cena e una Madonna – mentre sopra l’altare maggiore è posta un’ancona lignea che raffigura la Madonna con il Bambino in braccio; a destra è rappresentato Sant’Alberto vescovo, mentre a sinistra San Giorgio con il drago ai suoi piedi. Il quadro è stato eseguito nel 1601 da Carlo Buzzi.

Anello in Val Corta fino al Giardino Botanico

… Passando per la Marmitta dei Giganti!

Percorso ad anello di difficoltà turistica, con dislivello di 300 m e durata di 1 h e 45 minuti

Raggiunto il paese di Tartano si scende lungo la stradina che porta alla località Biorca (m 1140) dove si parcheggia l’auto. Alcuni cartelli escursionistici segnalano la meta del Giardino Botanico delle Orobie ad un’ora di distanza. Ci si incammina su una pista sterrata che, dopo un primo tratto quasi pianeggiante, comincia a salire e porta ad un ponticello. Dei segnavia indicano la sinistra per il giardino botanico (dato a 20 minuti) e la Val di Lemma. Si imbocca un sentiero che comincia a salire e conduce al progetto “In forma d’acqua” che illustra in 10 tappe un peculiare aspetto dell’acqua, risorsa preziosissima e indispensabile per la vita. Le 10 stazioni sono state realizzate con allestimenti in materiali naturali (legna, pietra), piccole installazioni e preziose indicazioni, raccolte in altrettanti pannelli con protagonista la rana Rina, una rana rossa le cui impronte costituiscono i segnavia per raggiungere la meta. Il torrente Tartano di Val Lemma scende con rabbiosi salti in una forra. Fra corridoio, pozze e salti nella roccia, si può ammirare un’interessante marmitta dei giganti. L’acqua che con il suo moto a vortice l’ha scavata ora non la tocca più, ma scende da un piccolo salto a lato. Il sentiero approda quindi ad una pista sterrata, che proviene da destra, dalla Val Budria. Ci si allontana dal torrente e si procede su questa pista, salendo verso sinistra. In breve si raggiunge il Giardino Botanico delle Orobie (1.450 m) che conserva le specie vegetali delle Alpi lombarde nei loro habitat naturali per la salvaguardia e la divulgazione. Il ritorno a Tartano avviene scendendo sulla medesima pista sterrata, fino al punto nel quale si è lasciato il sentiero della Marmitta dei Giganti. Qui, per variare l’itinerario, si può proseguire sulla pista che volge a sinistra e sale per un breve tratto, per poi iniziare una discesa con alcuni tornanti, nello scenario di una splendida pecceta. La pista si immette nella pista sterrata che risale la bassa Val Budria, si prosegue la discesa sulla pista ed in breve ci si ritrova al bivio del ponticello che all’andata ha portato alle soglie della Val di Lemma. Proseguendo diritti, si torna alla Biorca, il punto di partenza dell’itinerario.

Tour Val Masino

PARTENZA E ARRIVO: Filorera (Val Masino)

LUNGHEZZA: 14,7 km

DISLIVELLO: 350 m

FONDO: 30% naturale, 22% lastricato, 48% asfalto

DIFFICOLTÀ: Intermedio

TEMPO DI PERCORRENZA: 1 h

La Val Masino può essere la scelta giusta anche per un tour all-mountain come questo che include vari punti di interesse quali la località Bagni di Masino, con le acque curative che sgorgano in superficie a 38 °C.

Il tour in Val Masino ha come punto di partenza la località di Filorera. Il percorso segue la ciclabile in riva al torrente Masino, attraverso nuclei di case in sasso e prati con giganteschi massi granitici come il Sasso Remenno. Una volta giunti a San Martino si devia a sinistra verso la Valle dei Bagni con il passaggio nella Foresta dei Bagni di Masino. Il sentiero nel bosco è un sali-scendi con alcuni passaggi tecnici, quindi il percorso ritorna a San Martino e da lì segue lo stesso itinerario di andata fino a Filorera.

Il tour è percorribile con hand-mountain-bike elettriche (batteria min. 500W), ma seguendo alcune varianti:

  • vista la presenza di passaggi stretti, al km 6,37 in località Bagni di Masino proseguire su Via Bagni fino al punto di incontro con il tour tracciato al km 7,14
  • al km 11,9 seguire Via Val di Mello, poi Via Cavarini e Via Vanoni in direzione sud; il punto di incontro con il tour tracciato è al km 12

Tour Fondovalle Morbegno

PARTENZA E ARRIVO: Morbegno

LUNGHEZZA: 32,7 km

DISLIVELLO: 190 m

FONDO: 5% sentiero, 23% lastricato, 72% asfalto

DIFFICOLTÀ: Facile

TEMPO DI PERCORRENZA: 1.45 h

Il fondovalle in Bassa Valtellina è ancora agricolo e con il fiume Adda che lo attraversa da est a ovest. I paesi sono tutti ai piedi dei versanti Alpini, con i terrazzamenti che abbelliscono fino a mezza costa la parte Retica. Il percorso in bici è un piacevole e interessante riassunto di questa zona.

Il centro di Morbegno è il punto di partenza di questo itinerario, di qua e di là dal fiume Adda. Il percorso inizia da Piazza Sant’Antonio, attraversa la città in direzione nord e segue il Sentiero Valtellina sino alla frazione di Piagno (Cosio Valtellino). Qui c’è una deviazione e, dopo un tratto su mulattiera, ecco la località di Vallate con i resti dell’antica abbazia consacrata a San Pietro. Dopo la pausa culturale il tour prosegue per i centri storici di Rogolo, Andalo Valtellino e Delebio. Il rientro a Morbegno segue sempre il Sentiero Valtellina, con passaggio nel Parco della Bosca.

Tour della Costiera dei Cech

PARTENZA E ARRIVO: Morbegno

LUNGHEZZA: 42,5 km

DISLIVELLO: 960 m

FONDO: 5% sentiero, 23% lastricato, 72% asfalto

DIFFICOLTÀ: Intermedio

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 h

Il percorso all-mountain di 42,5 km sulla Costiera dei Cech inizia dal centro di Morbegno. Il tour attraversa la città, in direzione nord, e oltre il Ponte di Ganda segue un tratto di Sentiero Valtellina per poi salire su una mulattiera nel bosco fino al paese di Dazio, con tappa nel Bosco dei Bambini. Da qui – tra vigne e boschi – prosegue in direzione ovest e fa tappa nei borghi di Cadelsasso, Mello, Cercino e Cino. La discesa verso Mantello ha due varianti, ovvero il trail Valle Oscura oppure la mulattiera, mentre il ritorno a Morbegno è attraverso il Sentiero Valtellina.

Il tour è percorribile con hand-mountain-bike elettriche (batteria min. 500W) seguendo una specifica variante della traccia che evita tratti particolarmente stretti ed esposti.

Borgo di Sostila

Sostila è un borgo medievale risalente al XVI secolo, a 820 metri di altitudine. Si trova a monte del paese di Sirta da cui dista un’ora e mezza di cammino. E’ raggiungibile solo a piedi, percorrendo la storica mulattiera della Val Fabiòlo oppure il sentiero che parte dalla strada della Val Tartano, in circa 30 minuti.

Abitato fino agli anni 60, il borgo di Sostila è un paese sospeso nel tempo. Non si ha l’impressione dell’abbandono ma di una momentanea assenza di abitanti che però potrebbero tornare da un momento all’altro.

Molte delle case in pietra sono di origine settecentesca. La scuola elementare, chiusa nel 1958, conserva ancora l’aula con i banchi dei bambini che l’hanno frequentata. La mancanza di una strada di collegamento con i centri abitati ha fatto sì che questo borgo rurale di cultura alpina si mantenesse intatto. Così tanto da poterlo considerare un unicum in tutta la Valtellina.

La comunità viveva raccolta intorno alla chiesa della Madonna della Neve, alla cui festa di agosto convenivano anche dai paesi della bassa valle e della Val Tartano. Il sostentamento era offerto dalla natura. Innanzitutto la castagna, consumata cotta o cruda o come farina base dell’alimentazione, i frutti dell’orto e delle poche piante da frutta coltivate sui pendii. Infine gli animali da allevamento e il faggio che forniva legna da ardere.

Le architetture rurali in Val Tartano

La Valtellina è posta in un’area di confine tra sistemi radicalmente diversi che privilegiano rispettivamente l’uso della pietra e del legno. Quest’ultimo è prevalente in Valfurva, a Livigno in particolare, in alta valle di San Giacomo e in parte della Val Bregaglia in Valchiavenna. Invece la media Valtellina, sia sul versante orobico che su quello retico, vede una netta prevalenza dell’uso della pietra. Senza escludere la possibilità di un influsso culturale pastorale da altre aree alpine, questa eccezione è legata anche ad una maggiore disponibilità del legno di larice, adatto all’uso e resistente alle intemperie. Le residenze permanenti hanno struttura in pietra e malta e sono ancora rilevabili parti di edifici di origine alto-medievale. Inoltre, hanno grandi pietre d’angolo e gli arcaici portali con pietre monolitiche, sia nei piedritti che negli architravi.

La Val Tartano ha mantenuto intatto, fino agli anni ’70 del ‘900, il proprio patrimonio tradizionale di architettura contadina con linguaggi differenti tra la zona di Campo e quella di Tartano. Sono le stesse differenze che si riscontrano nel linguaggio e che sono state ben documentate nel Dizionario dei dialetti delle due comunità da parte di Giovanni Bianchini. Questa originalità non è stata fino ad oggi adeguatamente salvaguardata e il patrimonio delle dimore tradizionale è andato incontro, purtroppo, a molte demolizioni e irrimediabili trasformazioni.

In ambedue le località (a Campo e a Tartano) gli insediamenti invernali costituiscono un insediamento di valle. Non esiste un villaggio vero e proprio, accentrato, ma siamo in presenza di una rete di piccole contrade. La chiesa, con il suo recinto sacro, è situata in un luogo baricentrico e visibile da tutte le frazioni. A Campo le contrade sono dei piccoli nuclei di abitazioni in pietra, mentre a Tartano, sia in Val Lunga che in Val Corta, esse si riducono spesso a delle grandi case. Si tratta di masi abitati da famiglie allargate, poste sui dossi, al riparo dalle valanghe e dalle alluvioni del torrente. Un’altra particolarità della Val Tartano, a partire dalla metà del XVII secolo, è legata al fatto che le stalle e i fienili si diffusero con una particolare tipologia. Lo zoccolo è in muratura e la parte in elevazione è in legno con struttura a travi incastrate (tipo blockbau, nella parlata locale detto scepàda o incucadüra) e con montanti verticali inseriti in travi scanalate (a canne d’organo, nella parlata locale tapunàda o cani dè òrghegn).

Un altra specificità della dimora della Val Tartano è la presenza, anche se solo in alcune località, di un locale ad uso stüa, cioè rivestito completamente di tavole di legno, con stufa (pigna) interna al locale ma con accensione esterna, in genere in cucina. Anche questo ambiente è in genere diffuso nella dimora rurale tradizionale solo in Valchiavenna e in alta Valtellina, mentre nella media Valtellina persiste il riscaldamento con camera a fumo e focolare centrale, senza canna fumaria. Così è, per esempio, nella vicina Val Fabiòlo dove l’unica stüa è presente solo nella casa parrocchiale, anche se con accensione interna alla stanza. Due esempi interessanti di stüe con pigna in muratura in dimore rurali sono ancora oggi rilevabili in Val Corta, a La Foppa e alla Bratta, la frazione abitata più alta di quella valle. Dalle caratteristiche rilevabili sembra evidente che tali soluzioni sono adattamenti migliorativi della casa di epoca moderna (XVII – XVII secolo), in corrispondenza con la diffusione di un importante miglioramento tecnologico, la canna fumaria. Le stalle-fienili non sono sempre unite alla residenza, spesso sono edifici isolati costruiti in posizione logistica favorevole rispetto ai prati, in modo da poter facilmente essere utilizzati per la conservazione del fieno. Sopra in nuclei abitati, con una certa regolarità, al limitare del bosco, si ritrovano anche piccoli edifici, parte in legno e parte in pietra, per la custodia delle capre.

Chiesa di San Martino

A Cosio, la chiesa di San Martino, originaria del XII secolo, ha subito modifiche nel XV e XVII. Oltre a frammenti di pregevoli affreschi del Cinquecento, tele, statue e arredi dei secoli XV-XVIII, custodisce una tela con il Martirio di S. Bartolomeo, di ottima fattura. Si ritiene dipinto su un modello di un’incisione di Giuseppe Ribera detto lo Spagnoletto.

All’esterno sul fianco di sinistra sono visibili affreschi del Cinquecento che ritraggono San Sebastiano e San Martino a cavallo. In una nicchia la Madonna con due Santi ed in due tondi l’Angelo e l’Annunziata.