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Chiesa dei Santi Pietro e Andrea

La costruzione della chiesa dei Santi Pietro e Andrea iniziò nel 1675 per volontà del parroco Don Stefano Giubino ma i lavori si attuarono solo tra il 1690 e il 1703 quando era parroco Don Carlo Francesco Peregalli. I lavori vennero affidati al capo mastro ticinese Martino Adamo di Carona; dopo la sua morte i figli li continuarono. La consacrazione avvenì solo nel 1882 da parte di Mons. Carsana.

L’esterno si presenta con una grande e sobria mole affiancata da un elegante torre campanaria alta circa 30 metri inserita all’interno del perimetro del tempio. Il campanile a base quadrata termina con una struttura a base ottagonale scandita da otto elementi ad arco. La facciata si presenta come un ampio arco di trionfo ad un’unica fornace cieca in cui si collocano due registri orizzontali coronati da un grande timpano. Nel registro superiore trova posto al centro una semplice finestra rettangolare con cornice mistilinea, mentre in quello inferiore si colloca l’elegante portale in granito coronato da due anfore strabordanti di frutta. Al di sopra si trova un dipinto raffigurante i santi titolari.

L’interno è costituito da un’ampia aula rettangolare con volta a botte. Sulla navata si affacciano quattro cappelle laterali ed il presbiterio di forma quadrata. Nel corso della sua storia le parti interne hanno subito molteplici rimaneggiamenti che hanno appesantito gli apparati decorativi e stravolto il progetto originale. Le quattro vele della volta raffiguranti i Quattro Evangelisti furono ridipinte del pittore bergamasco Marigliani sostituendo altri quattro medesimi soggetti forse dipinti dal Gavazzeni, di cui si osserva al centro della volta una suggestiva Assunzione della Vergine in cielo. Lungo le pareti dell’aula si snoda la Via Crucis formata da belle incisioni settecentesche caratterizzate da una sontuosa ornamentazione.

Nella controfacciata sono inserite tre importanti tele petriniane. Le due laterali rappresentano l’intensa figura di San Pietro con i suoi simboli iconografici: il gallo, le chiavi e la piramide di Cestio. A destra è raffigurato San Giovanni Evangelista come un vecchio dormiente. La tela centrale, dipinta tra il 1704 e il 1707, rappresenta il Martirio di Gorcum in cui diciannove sacerdoti vennero trucidati. Nel corso degli anni ’90 la tela ha subito un intervento di restauro conservativo.

Chiesa di San Lorenzo

La Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo di Ardenno è documentata fin dall’anno Mille, ma l’attuale edificio sorse non prima del 1497. Le modifiche apportate lungo i secoli alle sue strutture e alle decorazioni interne ed esterne hanno però modificato non poco l’aspetto della chiesa. Furono gli emigranti che durante i secoli inviarono le somme necessarie per la manutenzione ordinaria e per i lavori di ampliamento ed abbellimento. L’importanza di questo luogo è testimoniata dal fatto che in alcuni documenti è citata, all’interno delle mura del paese, una “turris ecclesiae episcopalis” poiché qui il vescovo riscuoteva le entrate che fruttavano dai beni valtellinesi. Nel 1540 venne inaugurata la grande ancona lignea eseguita dal Del Mayno. Un importante ampliamento è invece attestato dalla data 1584 incisa sull’architrave del portale d’ingresso. Lavori di restauro si susseguirono copiosi lungo i secoli fino a giungere al XX sec.

La facciata conclusa da un timpano è scandita verticalmente da quattro semplici lesene. Inoltre, è ingentilita al centro da un portale cinquecentesco in pietra nel cui timpano si osserva una scultura in marmo bianco raffigurante la Pietà. Ai lati si osservano due finte nicchie, mentre appena al di sotto del cornicione del timpano trovano posto tre finte finestre rettangolari. La torre campanaria è di origine romanica e risulta sopraelevata e ampiamente modificata in epoca imprecisata; su di essa si osservano ancora gli archetti ciechi correre sui lati nord ed est su più registri.

L’interno appare piuttosto unitario. L’aula è coperta da un ampio soffitto affrescato scenograficamente nei primi anni del Novecento dal pittore locale Eliseo Fumagalli, autore anche dei dipinti sulla volta del presbiterio. Due cappelle e due altari posti direttamente all’interno dell’unica navata caratterizzano lo spazio del tempio. La prima cappella a destra presenta una grande tela tardo cinquecentesca che raffigura l’Incoronazione della Vergine alla presenza della Santissima Trinità, di quattro Santi e dei due committenti Parravicini in orazione. L’altare in raffinate forme barocche presenta al centro una pala sei-settecentesca raffigurante Sant’Antonio da Padova col Bambino. Di epoca rococò il delizioso pulpito ligneo. Il presbiterio è incorniciato da un grande arco di trionfo poggiante su colonne e lesene dal capitello vagamente ionico. Questo presenta al centro un semplice altare marmoreo nel cui paliotto si osserva una croce greca. Dietro all’altare appare la grande ancona lignea, tra le opere più importanti della provincia di Sondrio. Originariamente venne posta sopra l’altar maggiore per poi essere rimossa nel 1728 e successivamente riassemblata. Uscendo dalla zona presbiteriale ci si imbatte in un altare in cupo marmo nero di Varenna, impreziosito nel paliotto da un motivo a raggiera eseguito con colorati marmi policromi e da una deliziosa grata in ferro battuto. Le due colonne incorniciano una tela seicentesca raffigurante San Carlo Borromeo in adorazione del Santissimo Sacramento. L’ultima cappella è invece dedicata al culto della Beata Vergine e stupisce per la raffinata decorazione plastica in stucco, anche se oggi è assai deteriorata. Inoltre presenta al centro una nicchia, dove si osserva il simulacro della Madonna col Bambino e attorno, circondata da 15 piccoli ramini raffiguranti i Misteri del Rosario.

Chiesa di Sant’Ambrogio

Citata per la prima volta in un documento del 1350, una chiesa dedicata a Sant’Ambrogio sorgeva a Regoledo sicuramente almeno già dal IX secolo. Essa era legata alla presenza dei monaci benedettini di Sant’Ambrogio di Milano. Di questo tempio, che sappiamo essere stato ampliato nel Settecento, non rimane più nulla in quanto abbattuto nel 1919 quando la chiesa nuova era già completata. L’attuale chiesa di Sant’Ambrogio venne eretta ex-novo a partite dal 1862 su commissione della comunità parrocchiale di Regoledo. Il progetto fu affidato a Cesare Scalcini, di origini morbegnesi, che disegnò un edificio neoclassico ispirato alla basilica di San Carlo al Corso di Milano. L’orientamento era Est-Ovest e la pianta centrale ruotava attorno ad un grande ottagono, con vani aperti su ogni lato.

All’interno, il catino absidale presenta un affresco di Alberto Gavazzeni raffigurante la Glorificazione di sant’Ambrogio. Quindi nella maestosa cupola l’affresco di Cristo Re dell’universo, opera di Mario Albertella, risale al 1933. In quest’ultimo è anche interessante notare due angeli che sorreggono la bandiera del Regno d’Italia e dello Stato Pontificio, in omaggio ai Patti Lateranensi da poco siglati. Dalla precedente chiesa provengono l’altare di San Giuseppe, la tela settecentesca in esso collocata raffigurante il Transito di san Giuseppe e anche il cinquecentesco Trittico Baruta, preziosa opera lignea posta nella parete destra dell’abside.

Bivacco Legui

Scöcia – Rifugio Alpe Piazza – Bivacco Legui

PARTENZA: Scöcia (1373 m)

ARRIVO: Bivacco Legui (2000 m)

DISLIVELLO: ca. +627 m

TEMPO: ca. 2 ore

Si parcheggia l’auto in località Scöcia (1373 m): oltre la strada non viene spazzata. Si sale sulla carrozzabile verso Cornelli. A circa 1500 m, appena prima del divieto di transito, c’è uno spiazzo. Sulla destra si stacca il sentiero per il Rifugio Alpe Piazza (cartelli). Si seguono le tracce sempre presenti e poco dopo si sbuca su terreno aperto verso le baite di Corte Grande (1624 m). La vista da qui abbraccia tutto il percorso che si andrà a compiere. Si supera verso N il pianoro dell’alpeggio. Al suo termine il sentiero entra nel bosco e dopo una salita ecco una radura ai piedi di Cornelli. Si piega a SE traversando alti sopra le baite di Baitridana (1750 m). Insistendo nella medesima direzione si giunge al Rifugio Alpe Piazza (1835 m). Puntando verso il crestone occidentale del Monte Lago (2322 m), si può giungere fino al Bivacco Legui (2000 m).

Pizzo Berro

Rifugio Ronchi – Pizzo Berro

PARTENZA: strada per il Rifugio Ronchi (1000 m o fin dove è sgombra dalla neve)

ARRIVO: Pizzo Berro (1851 m)

DISLIVELLO: ca. +851 m

TEMPO: 2 ore e 20′

Si sale in auto lungo la strada che da Bema porta al Rifugio Ronchi fino a 1000 m. Una volta parcheggiato e indossate le ciaspole, si percorre un tratto di strada per poi giungere ai prati innevati. Dai pressi del rifugio è già ben visibile la croce di vetta. Un centinaio di metri oltre la struttura, sulla destra si stacca il sentiero (cartelli) per il Pizzo Berro. Lo si segue fino a sbucare a Fracino (1492 m), dove il bosco si apre. Si attraversa la radura, quindi in alto si riprende il sentiero che comincia a prendere quota in direzione SO. La salita nel bosco è piuttosto ripida. Improvvisamente la vegetazione si apre e si scorge la croce di vetta. Senza calcare i ripidi pendii laterali, si segue la breve dorsale che regala la vetta del Pizzo Berro (1851 m).

Alpe Sona

Biorca – Alpe Sona

PARTENZA: Biorca (1164 m)

ARRIVO: Alpe Sona (1900 m)

DISLIVELLO: ca. +736 m

TEMPO: ca. 2 ore e 30′

DIFFICOLTA’: OSA

La partenza è dalla Biorca (1164 m). Si percorre la Val Corta, per poi attraversare (sx) il ponticello poco prima dei Barbera. Quindi ci si comincia ad inoltrare il Val di Lemma, tenendo sempre la sinistra (destra idrografica) del torrente senza possibilità di sbagliare. Giunti alla casera di Lemma bassa (1694 m), si raggiunge il torrente e lo si attraversa. Si prende quota in sinistra orografica su un costolone boscoso seguendo grossomodo il tracciato del sentiero estivo. Dopo numerosi zig zag, si sbuca improvvisamente nei pascoli aperti dell’Alpe Sona (1900 m). Il luogo regala una sensazione di libertà e calma assoluta, rotta esclusivamente dalle nostre voci. Davanti si ha la prestante mole del Foppone (2303 m), mentre più a sinistra c’è il Monte Tartano (2290 m), per niente slanciato.

Cima della Rosetta

PARTENZA: Tir Di Bur (P su strada agro-silvo-pastorale, 1203 m)

ARRIVO: Cima della Rosetta (2156 m)

DISLIVELLO: 939 m

TEMPO: 3 h

IL PERCORSO È DI MEDIA DIFFICOLTÀ SOLO IN CONDIZIONI DI NEVE STABILE

La Cima della Rosetta (2156 m) è “la classicissima” dello scialpinismo in Valgerola, ma è un itinerario molto consigliato anche per i ciaspolatori. Il panorama ricompensa di ogni fatica.

Il parcheggio in località Tir di Bur (1203 m), uno slargo a lato della strada che collega Rasura con il Rifugio Bar Bianco, è il punto di partenza per la Cima della Rosetta (2156 m).

È possibile seguire il tracciato a tornanti, oppure risalire tra i boschi e lungo i prati dei maggenghi, Larice (1319 m) e Ciani (1380 m) e in 1 ora e 30 circa ecco il Rifugio Bar Bianco (1522 m).

La croce della cima è – da lì in poi – sempre ben visibile.

Il percorso procede, sulla destra del pendio, fino alle Baite del Prato (1715 m) e poi oltre per raggiungere un rado boschetto prima della cresta. Il tratto più ripido, da percorrere con attenzione, conduce alla croce in ferro sulla vetta a 2156 metri slm.

In assenza di neve il punto di partenza è il parcheggio nei pressi della località Ciani o del Rifugio Bar Bianco.

Chiesa di Sant’Antonio Abate a Pedesina

La chiesa parrocchiale di Pedesina, dedicata a Sant’Antonio Abate, fu consacrata il 30 novembre 1424 e divenne parrocchia circa due secoli dopo, nel 1634. E’ raggiungibile salendo una stradina a destra della via principale del paese la chiesa. Caratterizzata dalla vista panoramica del sagrato, presenta una sola navata con battistero e due cappelle laterali. Nella cappella di destra è presente una “Ultima Cena” realizzata dal pittore pedesinese Antonio Tarabini, risalente al 1649. Degna di nota è altresì la pala in legno dorato, finemente scolpita ed intagliata, decorata da colonnine e putti presente nella cappella a sinistra.

L’altare maggiore è caratterizzato dalla presenza di un “Cristo giovane”, di autore sconosciuto, datato 1686. La casa parrocchiale, alla sinistra della chiesa, custodisce un affresco risalente al 1564, raffigurante la “Vergine con il Bambino insieme a San Rocco e a San Sebastiano”. L’opera è del grosino Cipriano Valorsa, tra i più capaci pittori valtellinesi del XVI secolo.

Nella notte tra il 9 e il 10 agosto 2009, durante un forte temporale, un fulmine colpisce la base della croce posizionata in cima al campanile. Caddero pezzi sul terreno circostante, fortunatamente senza provocare gravi danni né feriti. La croce è stata successivamente riposizionata sul campanile ristrutturato, grazie anche all’intervento della Pro Loco di Pedesina. I frammenti originali sono stati raccolti e ricomposti, e sono tutt’ora visibili all’esterno della Chiesa.

Chiesa di San Michele Arcangelo

Riedificata nel corso del XVII sec. in sostituzione di una cappella quattrocentesca, la chiesa di San Michele Arcangelo si presenta all’interno ricca di opere di pregio. Sono splendidi i confessionali lignei settecenteschi arricchiti da un’opulenta decorazione posti lungo i fianchi della navata su cui si affacciano quattro cappelle laterali. L’altar maggiore è costituito da un’imponente ancona lignea di fattura barocca architettonicamente strutturata. Alle pareti del presbiterio otto tele del valtellinese Cesare Ligari (sec. XVIII) con busti di santi tra le quali spicca per qualità quella raffigurante il santo boemo, martire della confessione Giovanni Nepomuceno. Nell’annesso oratorio è da vedere la pala con l’Immacolata opera di Giacomo Parravicini detto il Gianolo.

Chiesa di San Giorgio

La Chiesa di San Giorgio fu eretta tra il Seicento e il Settecento in sostituzione di un più piccolo tempio quattrocentesco. L’interno spazioso presenta quattro cappelle laterali. Tra i gioielli della chiesa vi è la tela con il Transito di San Giuseppe replica dell’opera dipinta da Andrea Lanzani (sec XVIII) per l’insigne collegiata di San Giovanni Battista di Morbegno. Decisamente interessante è anche la pala del primo altare a destra raffigurante San Giovanni Nepomuceno con i Santi Carlo Borromeo e Filippo Neri (sec XVIII).