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Tour Val Masino

PARTENZA E ARRIVO: Filorera (Val Masino)

LUNGHEZZA: 14,7 km

DISLIVELLO: 350 m

FONDO: 30% naturale, 22% lastricato, 48% asfalto

DIFFICOLTÀ: Intermedio

TEMPO DI PERCORRENZA: 1 h

La Val Masino può essere la scelta giusta anche per un tour all-mountain come questo che include vari punti di interesse quali la località Bagni di Masino, con le acque curative che sgorgano in superficie a 38 °C.

Il tour in Val Masino ha come punto di partenza la località di Filorera. Il percorso segue la ciclabile in riva al torrente Masino, attraverso nuclei di case in sasso e prati con giganteschi massi granitici come il Sasso Remenno. Una volta giunti a San Martino si devia a sinistra verso la Valle dei Bagni con il passaggio nella Foresta dei Bagni di Masino. Il sentiero nel bosco è un sali-scendi con alcuni passaggi tecnici, quindi il percorso ritorna a San Martino e da lì segue lo stesso itinerario di andata fino a Filorera.

Il tour è percorribile con hand-mountain-bike elettriche (batteria min. 500W), ma seguendo alcune varianti:

  • vista la presenza di passaggi stretti, al km 6,37 in località Bagni di Masino proseguire su Via Bagni fino al punto di incontro con il tour tracciato al km 7,14
  • al km 11,9 seguire Via Val di Mello, poi Via Cavarini e Via Vanoni in direzione sud; il punto di incontro con il tour tracciato è al km 12

Tour Fondovalle Morbegno

PARTENZA E ARRIVO: Morbegno

LUNGHEZZA: 32,7 km

DISLIVELLO: 190 m

FONDO: 5% sentiero, 23% lastricato, 72% asfalto

DIFFICOLTÀ: Facile

TEMPO DI PERCORRENZA: 1.45 h

Il fondovalle in Bassa Valtellina è ancora agricolo e con il fiume Adda che lo attraversa da est a ovest. I paesi sono tutti ai piedi dei versanti Alpini, con i terrazzamenti che abbelliscono fino a mezza costa la parte Retica. Il percorso in bici è un piacevole e interessante riassunto di questa zona.

Il centro di Morbegno è il punto di partenza di questo itinerario, di qua e di là dal fiume Adda. Il percorso inizia da Piazza Sant’Antonio, attraversa la città in direzione nord e segue il Sentiero Valtellina sino alla frazione di Piagno (Cosio Valtellino). Qui c’è una deviazione e, dopo un tratto su mulattiera, ecco la località di Vallate con i resti dell’antica abbazia consacrata a San Pietro. Dopo la pausa culturale il tour prosegue per i centri storici di Rogolo, Andalo Valtellino e Delebio. Il rientro a Morbegno segue sempre il Sentiero Valtellina, con passaggio nel Parco della Bosca.

Tour della Costiera dei Cech

PARTENZA E ARRIVO: Morbegno

LUNGHEZZA: 42,5 km

DISLIVELLO: 960 m

FONDO: 5% sentiero, 23% lastricato, 72% asfalto

DIFFICOLTÀ: Intermedio

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 h

Il percorso all-mountain di 42,5 km sulla Costiera dei Cech inizia dal centro di Morbegno. Il tour attraversa la città, in direzione nord, e oltre il Ponte di Ganda segue un tratto di Sentiero Valtellina per poi salire su una mulattiera nel bosco fino al paese di Dazio, con tappa nel Bosco dei Bambini. Da qui – tra vigne e boschi – prosegue in direzione ovest e fa tappa nei borghi di Cadelsasso, Mello, Cercino e Cino. La discesa verso Mantello ha due varianti, ovvero il trail Valle Oscura oppure la mulattiera, mentre il ritorno a Morbegno è attraverso il Sentiero Valtellina.

Il tour è percorribile con hand-mountain-bike elettriche (batteria min. 500W) seguendo una specifica variante della traccia che evita tratti particolarmente stretti ed esposti.

Borgo di Sostila

Sostila è un borgo medievale risalente al XVI secolo, a 820 metri di altitudine. Si trova a monte del paese di Sirta da cui dista un’ora e mezza di cammino. E’ raggiungibile solo a piedi, percorrendo la storica mulattiera della Val Fabiòlo oppure il sentiero che parte dalla strada della Val Tartano, in circa 30 minuti.

Abitato fino agli anni 60, il borgo di Sostila è un paese sospeso nel tempo. Non si ha l’impressione dell’abbandono ma di una momentanea assenza di abitanti che però potrebbero tornare da un momento all’altro.

Molte delle case in pietra sono di origine settecentesca. La scuola elementare, chiusa nel 1958, conserva ancora l’aula con i banchi dei bambini che l’hanno frequentata. La mancanza di una strada di collegamento con i centri abitati ha fatto sì che questo borgo rurale di cultura alpina si mantenesse intatto. Così tanto da poterlo considerare un unicum in tutta la Valtellina.

La comunità viveva raccolta intorno alla chiesa della Madonna della Neve, alla cui festa di agosto convenivano anche dai paesi della bassa valle e della Val Tartano. Il sostentamento era offerto dalla natura. Innanzitutto la castagna, consumata cotta o cruda o come farina base dell’alimentazione, i frutti dell’orto e delle poche piante da frutta coltivate sui pendii. Infine gli animali da allevamento e il faggio che forniva legna da ardere.

Le architetture rurali in Val Tartano

La Valtellina è posta in un’area di confine tra sistemi radicalmente diversi che privilegiano rispettivamente l’uso della pietra e del legno. Quest’ultimo è prevalente in Valfurva, a Livigno in particolare, in alta valle di San Giacomo e in parte della Val Bregaglia in Valchiavenna. Invece la media Valtellina, sia sul versante orobico che su quello retico, vede una netta prevalenza dell’uso della pietra. Senza escludere la possibilità di un influsso culturale pastorale da altre aree alpine, questa eccezione è legata anche ad una maggiore disponibilità del legno di larice, adatto all’uso e resistente alle intemperie. Le residenze permanenti hanno struttura in pietra e malta e sono ancora rilevabili parti di edifici di origine alto-medievale. Inoltre, hanno grandi pietre d’angolo e gli arcaici portali con pietre monolitiche, sia nei piedritti che negli architravi.

La Val Tartano ha mantenuto intatto, fino agli anni ’70 del ‘900, il proprio patrimonio tradizionale di architettura contadina con linguaggi differenti tra la zona di Campo e quella di Tartano. Sono le stesse differenze che si riscontrano nel linguaggio e che sono state ben documentate nel Dizionario dei dialetti delle due comunità da parte di Giovanni Bianchini. Questa originalità non è stata fino ad oggi adeguatamente salvaguardata e il patrimonio delle dimore tradizionale è andato incontro, purtroppo, a molte demolizioni e irrimediabili trasformazioni.

In ambedue le località (a Campo e a Tartano) gli insediamenti invernali costituiscono un insediamento di valle. Non esiste un villaggio vero e proprio, accentrato, ma siamo in presenza di una rete di piccole contrade. La chiesa, con il suo recinto sacro, è situata in un luogo baricentrico e visibile da tutte le frazioni. A Campo le contrade sono dei piccoli nuclei di abitazioni in pietra, mentre a Tartano, sia in Val Lunga che in Val Corta, esse si riducono spesso a delle grandi case. Si tratta di masi abitati da famiglie allargate, poste sui dossi, al riparo dalle valanghe e dalle alluvioni del torrente. Un’altra particolarità della Val Tartano, a partire dalla metà del XVII secolo, è legata al fatto che le stalle e i fienili si diffusero con una particolare tipologia. Lo zoccolo è in muratura e la parte in elevazione è in legno con struttura a travi incastrate (tipo blockbau, nella parlata locale detto scepàda o incucadüra) e con montanti verticali inseriti in travi scanalate (a canne d’organo, nella parlata locale tapunàda o cani dè òrghegn).

Un altra specificità della dimora della Val Tartano è la presenza, anche se solo in alcune località, di un locale ad uso stüa, cioè rivestito completamente di tavole di legno, con stufa (pigna) interna al locale ma con accensione esterna, in genere in cucina. Anche questo ambiente è in genere diffuso nella dimora rurale tradizionale solo in Valchiavenna e in alta Valtellina, mentre nella media Valtellina persiste il riscaldamento con camera a fumo e focolare centrale, senza canna fumaria. Così è, per esempio, nella vicina Val Fabiòlo dove l’unica stüa è presente solo nella casa parrocchiale, anche se con accensione interna alla stanza. Due esempi interessanti di stüe con pigna in muratura in dimore rurali sono ancora oggi rilevabili in Val Corta, a La Foppa e alla Bratta, la frazione abitata più alta di quella valle. Dalle caratteristiche rilevabili sembra evidente che tali soluzioni sono adattamenti migliorativi della casa di epoca moderna (XVII – XVII secolo), in corrispondenza con la diffusione di un importante miglioramento tecnologico, la canna fumaria. Le stalle-fienili non sono sempre unite alla residenza, spesso sono edifici isolati costruiti in posizione logistica favorevole rispetto ai prati, in modo da poter facilmente essere utilizzati per la conservazione del fieno. Sopra in nuclei abitati, con una certa regolarità, al limitare del bosco, si ritrovano anche piccoli edifici, parte in legno e parte in pietra, per la custodia delle capre.

Chiesa di San Martino

A Cosio, la chiesa di San Martino, originaria del XII secolo, ha subito modifiche nel XV e XVII. Oltre a frammenti di pregevoli affreschi del Cinquecento, tele, statue e arredi dei secoli XV-XVIII, custodisce una tela con il Martirio di S. Bartolomeo, di ottima fattura. Si ritiene dipinto su un modello di un’incisione di Giuseppe Ribera detto lo Spagnoletto.

All’esterno sul fianco di sinistra sono visibili affreschi del Cinquecento che ritraggono San Sebastiano e San Martino a cavallo. In una nicchia la Madonna con due Santi ed in due tondi l’Angelo e l’Annunziata.

Monte Legnone

PARTENZA: Delebio in cima all’abitato, dove si imbocca la gippabile per Osiccio/Canargo (230 m)

ARRIVO: Monte Legnone (2609 m)

DISLIVELLO: ca. +2379 m

TEMPO: ca. 6/7 ore

DIFFICOLTA’: facile

PERIODO CONSIGLIATO: tra luglio e ottobre

Partendo in cima all’abitato di Delebio alla contrada “Basalun”(nei pressi della centrale idroelettrica) 230m/slm, si imbocca la ripida strada lastricata (adibita a strascico del legname). Dopo aver superato il bacino artificiale di “Piazzo Minghino” (532m/slm) la mulattiera si biforca. La via di sinistra porta prima al maggengo di Canargo poi alle porte di “Osiccio di Sopra” (922m/slm ore 1.15), mentre la via di destra più ripida e diretta porta direttamente a “Osiccio di Sopra”.

Si continua poi superando la “Capanna Vittoria” (970m/slm) giungendo alle case di “Piazza Calda” (1156m/slm.). Qui si lascia la mulattiera (ed eventualmente la Jeep o la moto) e si prosegue imboccando il sentiero ”Andrea Paniga”, segnalato da una targa al margine sud-occidentale dei prati.
Il sentiero sale ripido sul versante settentrionale della “Mottalla dei larici”, nel bosco di resinose. Una volta giunti alla radura chiamata “zoca de la naaf” (1420m/slm), si svolta a sinistra e si prosegue ora in un’abetaia secolare di grande fascino. Si raggiunge l’inizio dell’alpeggio, dove è posta la caratteristica “Casera di Piodi”(1506m/slm), da qui si prosegue un po’ dove si vuole sull’ampio e panoramicissimo dosso che ospita il vecchio alpeggio di Legnone. Si supera la “Casera vegia” (1640m/slm) e in breve tempo si raggiunge il Rif. Legnone (1696 m/slm). Il pernottamento al rifugio è consigliato per dimezzare l’importante dislivello.

Da qui ci si inoltra a “mezza costa” nella valle e percorrendo l’antica mulattiera militare ci si porta in pochi minuti su sentiero pianeggiante ai pascoli magri di Galida. Si raggiunge poi un grosso masso sotto il quale si trova una sorgente perenne di acqua freschissima “acqua de Galida”. Sempre seguendo la strada militare e dopo un paio di tornanti la mulattiera svolta decisamente verso sinistra. Dopo aver attraversato un paio di ombrosi e stretti canali si raggiunge il costone che divide Galida da Cappello. Lo si risale per un breve tratto con stretti tornanti per poi abbandonarlo e dirigersi verso sinistra con una lunga diagonale che porta sotto la bocchetta di Legnone. Qui si incontra la mulattiera che sale da Cappello e si nota qualche metro più in basso, sotto una grande roccia, un piccolo edificio diroccato utilizzato un tempo per il ricovero del bestiame “barech di manzoo”(2170 m/slm).

La mulattiera risale ora il ripido pendio con numerosi tornanti per raggiungere i 2360 m/slm della Bocchetta di Legnone. Qui l’escursionista avrà un anticipo del grandioso panorama che si gode dalla vetta. Si continua lungo la mulattiera ancora per qualche decina di metri superando due antiche “gallerie” del 15’-18’. Una volta abbandonata si guadagna la cresta SE che conduce in breve tempo e senza difficoltà alcuna alla croce di vetta del Monte Legnone.

Fonte: www.caimorbegno.org

Anello dei Corni Bruciati

PARTENZA: Predarossa (1955 m)

ARRIVO: Predarossa (percorso ad anello)

DISLIVELLO: ca. 1200 m

TEMPO: ca. 7 ore

DIFFICOLTA’: l’itinerario richiede buone capacità di orientamento e presenta nella salita al passo di Cornarossa, spesso con presenza di neve, alcune lievi difficoltà.

PERIODO CONSIGLIATO: tra luglio e settembre

L’anello dei Corni Bruciati comincia da Predarossa (1955 m). Si attraversa il piano paludoso e lungo sentiero segnalato si raggiunge il rifugio Ponti (2559 m). Dal Rifugio ci si abbassa seguendo le segnalazioni che portano al rifugio Desio fino a scavalcare la morena del ghiacciaio di Predarossa, quindi si attraversa su ganda in direzione del passo di Cornarossa che si raggiunge, seguendo le segnalazioni, su ganda e poche roccette (ad inizio stagione un ripido pendio nevoso può rendere più problematica la salita).

A pochi metri dal passo si trova il rifugio Desio (2886 m), attualmente inagibile. Si scende ora su massi e ganda seguendo le segnalazioni che conducono al rifugio Bosio e le si abbandonano per seguire verso destra tracce di sentiero e segnalazioni che conducono al passo di Caldenno. Continuando sempre verso destra e in leggera discesa si giunge sotto il passo che si raggiunge con breve salita (2551 m).

Ci affacciamo ora sulla Valle di Caldenno che attraversiamo per raggiungere, sul versante opposto, attraverso un ripido sentiero il passo di Scermendone (2595 m). Quindi scendiamo in Val Terzana passando poco sotto il lago Scermendone e raggiungendo le baite del Pian di Spini (2198 m). Proseguendo per largo sentiero pianeggiante, lo si abbandona per scendere decisamente a destra in una valletta, prima di giungere sul fondo della valle il sentiero, ora poco evidente, ci conduce a mezzacosta fino a scendere in una conca a tratti paludosa. Ci si sposta a destra e, attraversato un ponte in legno, si segue il sentiero segnalato che conduce fino a Predarossa.

Fonte: www.caimorbegno.org

Sentiero della Memoria

PARTENZA: Ardenno

ARRIVO: Ardenno (percorso ad anello)

DISLIVELLO: +560 m

DIFFICOLTÀ: T (turistica)

DURATA: ca. 6 ore

Il Sentiero della Memoria si snoda tra alcune delle località che, nella Seconda Guerra Mondiale, furono teatro di uno degli episodi bellici più noti del conflitto: la Battaglia di Buglio.

Malgrado il passare dei decenni i tragici eventi di quei giorni sono ancora vivi nel ricordo di chi li ha vissuti. Memoria Storica che questo itinerario intende valorizzare affinché sia d’insegnamento per le nuove generazioni.

Lasciata la SS38, nei pressi della quale si trova la partenza del percorso, ci si inoltra nel centro storico di Ardenno. Si affronta quindi la risalita verso Buglio, inizialmente lungo la sponda destra del Fosso di Gaggio e in seguito seguendo l’antico sentiero che conduce al paese. La chiesa dei Santi Fedele e Gerolamo, risalente al XIV secolo, il vicino municipio e la casa parrocchiale furono teatro di terribili scontri. Liberato una settimana prima da un manipolo di partigiani e con l’aiuto della popolazione, il 16 giugno 1944 il paese venne messo a ferro e fuoco dai nazifascisti che, ripreso il controllo della zona, attuarono una feroce rappresaglia.

Lasciato il centro abitato, si raggiunge un vecchio mulino dove furono uccisi i rivoltosi arrestati durante la battaglia. Visitata la lapide in memoria dei fratelli Travaini in località Nansegolo si prosegue quindi la discesa verso il fondovalle.

Campovico – Dazio

PARTENZA: Campovico (Morbegno)

ARRIVO: Dazio

DISLIVELLO: +300 m

DIFFICOLTÀ: T (turistica)

DURATA: 1 h e 30 min (andata)

Escursione interessante attraverso le caratteristiche antiche contrade dei Cèch, effettuabile in tutte le stagioni dell’anno e adatta a tutti. Dalla chiesa della Visitazione di Campovico si segue la bella mulattiera che sale verso Cermeledo (461 m). La strada si snoda con dolce pendenza e permette di ammirare Morbegno e il fondo valle. Giunti al villaggio di Cermeledo si volge verso destra per immettersi sulla strada asfaltata che porta alla bella conca prativa di Dazio (568 m).