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Autore: Infopoint

Chiesa di San Pietro

Addossata al palazzo dei Castelli di Sannazzaro, oggi è la casa comunale di Morbegno. La chiesa di San Pietro venne fondata nel 1337 per incontrare le esigenze del nuovo ceto sociale composto da artigiani e mercanti che in quella parte del borgo si era stabilito.

Fu la prima vera parrocchiale di Morbegno. Eretta da maestranze della Val d’Intelvi o della Valsolda, che progettarono un edificio di ampiezza sostanzialmente uguale a quella di oggi. La chiesa è testimone per eccellenza della storia della città. Al suo interno si tenevano le assemblee civiche, era punto di riferimento durante alluvioni o pestilenze. Nel 1559 venne assegnata al culto riformato dai Grigioni, padroni dal 1512 di Valtellina e Valchiavenna. Morbegno, benché comunità aperta e tollerante, non venne risparmiata dai moti che nel 1620 portarono all’eccidio e alla cacciata dei riformati presenti in Valtellina. Questo episodio e gli avvenimenti dei vent’anni successivi, se non impedirono ai Grigioni di mantenere il controllo sulle due valli fino alle soglie del 1800, portarono alla proibizione del culto protestante in questi territori e la conseguente riconversione di tutte le chiese riformate in cattoliche.

La chiesa di San Pietro venne già dal 1620 affidata alla Confraternita del Santissimo Sacramento, che si assunse l’impegno di ristrutturarla. Nel 1642 solo la volta doveva essere completata, nel 1669 i lavori erano finiti e la chiesa rinnovata “in forma elegante, con volta imbiancata, luminosa e pavimentata”. Al 1681 risale il fregio continuo in stucco bianco con intonaco rosa e motivi floreali. Si accede all’edificio tramite un caratteristico portale in marmo nero sormontato da un timpano spezzato che ospita un’ampia finestra. L’interno, un’unica sala scandita da tre campate con volte a botte e due cappelle laterali, presenta numerosi affreschi eseguiti ad inizio Settecento da Pietro Bianchi detto “Il Bustino”. Dell’artista sono le storie dei santi Pietro e Paolo che colorano la volta della navata.

Interessante notare come, in una chiesa dal passato riformato, molti dei temi rappresentati celebrino la Controriforma. Sulla volta della cappella destra, dedicata a Carlo Borromeo, il santo è dipinto in gloria come un “nuovo Costantino”. Accompagnato dal motto “in hoc signo vinces”, si erge a novello campione della cristianità cattolica e della Controriforma contro le eresie. L’affresco sulla volta del presbiterio rappresenta invece la vittoria della Chiesa di Roma sulla Chiesa riformata. Qui, a sinistra, quattro eretici vengono scacciati dalla Verità con lo “speculum veritatis”. Al centro la Vergine e l’Eterno glorificano l’Eucaristia, in silente polemica con le dottrine riformate. L’altare maggiore, in commesso marmoreo, proviene dall’ex convento domenicano di Sant’Antonio. Alle sue spalle, la pala d’altare ospita una tela realizzata nel 1804 da Antonio Gualtieri raffigurante l’Ultima cena con la Trinità, ad ulteriore celebrazione del mistero eucaristico.

Risotto alla zucca con porcini

Ingredienti per 4 persone

  • 350 g di riso Carnaroli 
  • 300 g di zucca mantovana (mondata dalla scorza e tagliata a cubetti)
  •  50 g di porcini secchi (oppure 200 g di porcini freschi)
  • uno spicchio d’aglio
  • 1 litro di brodo vegetale
  • 60 g di parmigiano reggiano 30 mesi
  • olio extra vergine di oliva q.b
  • sale e pepe
  • 50 g di burro
  • un rametto di rosmarino

Per preparare il risotto alla zucca con porcini per prima cosa occupatevi dei funghi.

Se li usate freschi puliteli accuratamente e tagliateli a fettine. Se volete utilizzare quelli secchi, dovete metterli in ammollo per reidratarli in acqua fredda per 15 minuti.

In una casseruola rosolate la zucca con un generoso filo di olio extra vergine di oliva e un rametto di rosmarino. Regolate di sale e di pepe e lasciate cuocere a fuoco basso  aggiungendo un dito d’acqua. Controllate che non si asciughi troppo il fondo di cottura.

Togliete la zucca dal fuoco, eliminate il rosmarino e passatela con il minipimer per ottenere una crema liscia.

In un altro tegame invece fate trifolare i funghi porcini: fate imbiondire uno spicchio d’aglio con un poco di olio extra vergine di oliva. Cuocete per una decina di minuti ammorbidendo il fondo di cottura con un mestolo di brodo. Regolate di sale e di pepe e mettete da parte.

In un tegame fate tostare il riso senza condimento: quando sentirete il buon profumo della tostatura, sfumate con un bicchiere di vino bianco e portate a cottura aggiungendo di tanto in tanto il brodo caldo. A cottura quasi ultimata unite al risotto la crema di zucca e i porcini precedentemente trifolate.

Attenzione: quando aggiungete questi ingredienti assicuratemi che siano caldi.

Mantecate il risotto con il burro (molto freddo) e il parmigiano reggiano.

Ricetta di Tacchi e pentole – Luisa Ambrosini

Fagottini di bresaola con caprino

Ingredienti per 12 fagottini

  • 12 fette di Bresaola della Valtellina IGP
  • 2 caprini di latte vaccino
  • 1 mazzetto di Erba cipollina
  • Olio extravergine q.b.
  • Limone q.b.
  • Sale e Pepe q.b

Per preparare i fagottini di bresaola con caprino per prima cosa lavorate il caprino in una ciotola finché risulterà cremoso.

Profumate il formaggio con l’erba cipollina tagliata finemente e un filo d’olio extra vergine di oliva.

Regolate di sale e di pepe secondo vostro gusto e mescolate nuovamente. 

Mettete un cucchiaio di caprino al centro di ogni fetta di bresaola; richiudete il fagottino legandolo con un filo di erba cipollina. In una ciotola emulsionate alcuni cucchiai di olio etra vergine di oliva con il succo di mezzo limone e un pizzico di pepe; irrorate i fagottini di bresaola e servite.

Ricetta di Tacchi e pentole – Luisa Ambrosini

Risotto con bitto e bresaola

Ingredienti per 4 persone:

  • 350 riso Carnaroli
  • 1/2 cipolla
  • Olio extra vergine di oliva q.b.
  • 2 l litro di brodo vegetale
  • 50 g burro
  • Parmigiano Reggiano grattugiato q.b
  • 3 hg bresaola della Valtellina (due fette di un cm)
  • 2 hg Bitto Dop 
  • Un bicchiere di vino rosso Valtellina Superiore DOCG

Per realizzare il risotto con bitto e bresaola per prima cosa scaldate il brodo.

In una pentola bassa e larga, soffriggete la cipolla tagliata finemente con un filo d’olio extra vergine di oliva.

Appena la cipolla risulterà dorata versate il riso a pioggia mescolando delicatamente.

Fate tostare il riso e poi sfumate con il vino rosso. Fate evaporare la parte alcolica e aggiungete di tanto in tanto il brodo caldo. 

Nel frattempo preparate la bresaola tagliandola a striscioline (o cubetti – come preferite).

Terminate la cottura quando il risotto sarà cotto al dente. Spegnete il fuoco e mantecate con il burro, il Parmigiano Reggiano e il Bitto Dop tagliato a cubetti piccoli. Lasciate riposare il risotto per qualche istante con il coperchio.

Servite il risotto e su ogni piatto mettete una manciata di Bresaola.

Ricordatevi che la Bresaola non deve cuocere.

Ricetta di Tacchi e pentole – Lucia Ambrosini

Cercino: dal fondovalle ai prati della Bruciata

PARTENZA: Piussogno (220 m)

ARRIVO: Rifugio Consorzio Prati Brusada (1550 m)

DISLIVELLO: 1360 m

LUNGHEZZA: 12,7 km (totale); 2 km (fino a Cercino); 8 km (fino al Rifugio)

DIFFICOLTÀ: E (escursionisti)

DURATA: 45 min (fino a Cercino); 3 h 40 min (fino al Rifugio); 6 h (giro completo)

Il percorso, partendo nei pressi della chiesa di S. Margherita a Piussogno, passa dalle frazioni di Barossedo, Fiesso, Siro, il centro storico di Cercino, Cagnello, per poi salire tramite il vecchio sentiero dai Coper dei Maffioli e Coper Alto e terminare ai Prati della Brusada, dove chi vorrà potrà pernottare al Rifugio comunale.

Un percorso didattico, storico e naturalistico

Con questo percorso, realizzato dal Comune di Cercino grazie al sostegno di GAL Valtellina 2014-2020, l’escursionista, in totale autonomia guidato dalla segnaletica, potrà andare alla scoperta dei principali siti di interesse del territorio, identificati da un apposito cippo numerato e da alcune bacheche illustrative.

Monte Bassetta

PARTENZA: loc. La Piazza (Cino)

ARRIVO: Monte Bassetta

DISLIVELLO: ca. +780 m

DIFFICOLTÀ: E (escursionisti)

DURATA: 2 h 30 min

Situato al limite occidentale della Costiera dei Cèch, il Monte Bassetta (1746 m) si affaccia col suo profilo arrotondato su Alto Lario, Catena Orobica e Valchiavenna, offrendo in virtù della sua posizione ampi panorami di incredibile bellezza.

Per raggiungere La Piazza (960 m) bisogna percorrere la strada consortile richiedendo un permesso rilasciato dal Comune di Cino. Da La Piazza, tralasciata la pista tagliafuoco per i Prati dell’O, si imbocca a sinistra il sentiero per il soprastante Monte Foffricio (1258 m). Seguendo la segnaletica nel bosco, oltrepassata questa modesta elevazione, si percorre il suggestivo crinale fino al culmine.

Valletta – S. Apollonia – Corlazzo

PARTENZA: Valletta (Traona)

ARRIVO: Corlazzo (Traona)

DISLIVELLO: +100 m

DIFFICOLTÀ: T (turistica)

DURATA: 30 min

Si parte dalla frazione Valletta e si sale lungo una strada immersa tra vigne e boschi. Si attraversa l’antico borgo di S. Apollonia, di S. Caterina (da vedere: chiesa di S. Caterina) e si raggiunge la frazione di Corlazzo (da vedere: torchio di Corlazzo). Da qui è poi possibile proseguire attraverso splendidi percorsi e camminate tra i vigneti fino a poter raggiungere varie località (Castello di Domofole verso ovest, abitato di Mello e Civo, ecc…)
Il percorso non presenta particolari difficoltà e lungo di esso è possibile trovare alcune fontane ed aree di sosta.

Cima della Rosetta

Partenza: Rifugio Bar Bianco, Alpe Culino

Arrivo: Cima della Rosetta

Dislivello: ca. +650 m

Tempo: 3h 30′

Difficoltà: E (escursionistica)

Nel silenzio della montagna la croce della Cima della Rosetta svetta nel cielo azzurro vegliando sulla vallata e sulla sua gente nel nome di Dio. Così è scritto su di una targa in vetta, che non è solo una cima, ma – più – un simbolo per chi abita a valle.

Il sentiero numero 124 segue il percorso ad anello; il senso di marcia è a libera scelta.

Il punto di partenza è il parcheggio in località Alpe Culino; qui c’è il Rifugio Bar Bianco (M 1506). La croce è già in vista e il sentiero risale il pascolo, ampio ma ripido, sempre sul lato sinistro. Il percorso supera le Baite del Prato (M 1715), una macchia di rododendri e un rado boschetto. Il tratto per la cima è in cresta. La croce è a 2156 metri slm e il panorama è tutto da osservare. Il sentiero scende poi in diagonale sul pendio per la Baita Culino e il Lago Culino (M 1956), un tipico laghetto alpino. Il percorso – da qui – attraversa il pascolo fino alla Baite Vèn (M 1808), poi in un boschetto e – quindi – su una pista sterrata fino al rifugio.

(Fonte: www.valgerolaonline.it)

Gerola – Pescegallo

Partenza: Gerola Alta

Arrivo: Pescegallo

Dislivello: 420 m

Tempo: 1h

Difficoltà: T (turistica)

Il paese di Gerola Alta è stato per secoli collegato con le località di Fenile e Pescegallo da una mulattiera. Il consiglio è una sosta a Fenile, per passeggiare tra le sue case.

Il punto di partenza è il parcheggio lungo la SP 7, nei pressi di Infopoint Valgerola; qui c’è anche la fermata STPS. Il percorso segue Via Nazionale e, oltre Piazza Pizzo Tre Signori, supera il ponte sul Torrente Bitto, quindi a destra fino ad una fontana. Lì, come segnalato da un cartello informativo, inizia la mulattiera, che risale i prati e passa per la località Cassinelle. Il tracciato incrocia – in più punti – la strada carrabile, ma è da proseguire seguendo le paline in legno “ANTICHE MULATTIERE” fino a Fenile (M 1235). Il percorso è per un tratto sulla SP 7, poi è da superare il ponte sul torrente per la strada sterrata – anche percorso vita – che in un bel bosco di conifere raggiunge Pescegallo (M 1473).

Il ritorno segue lo stesso itinerario.

(Fonte: www.valgerolaonline.it)

Castello di Domofole

Su un rilievo posto nel mezzo del vallone di San Giovanni spicca, ben visibile dal fondo valle, una possente torre dalle pietre grigie, il Castello di Domofole.

Assieme ad una parte del muro di cinta e alle chiese edificate nelle vicinanze, costituisce ciò che rimane dell’antico Castello di Domofole.

Citato per la prima volta in un documento del 1125 come presidio della nobile famiglia dei Vicedomini, feudatari del Vescovo di Como. Il Castello venne distrutto una prima volta già nel 1292 dai Vittani di parte guelfa per poi essere ricostruito nuovamente dai Vicedomini. Lo smantellamento definitivo del Castello è invece da far risalire al 1524 quando i Grigioni, nuovi padroni di Valtellina e Valchiavenna, decisero di dismettere le fortificazioni delle valli recentemente guadagnate.

La torre, dalla pianta quadrangolare, ha spessi muri che un tempo erano provvisti di numerose feritoie, costituiti da due paramenti di pietre squadrate con intercapedini di malta e pietrame. La struttura era suddivisa su più piani illuminati da finestre e l’entrata, per ragioni di sicurezza, era sopraelevata rispetto al terreno circostante.

Le chiese, entrambe dedicate a Santa Maria Maddalena, sono due, una medievale ed una risalente al Settecento. Della prima rimangono solo dei ruderi absidali che hanno rivelato segni di antichi affreschi. La seconda presenta una struttura semplice e rustica, con facciata a capanna, e all’esterno interamente a pietra a vista.

Numerose sono le leggende legate alla torre che rimandano a regine e principesse imprigionate tra le sue mura. Tra queste vi sarebbe stata rinchiusa nel 634 Gundeberga, figlia della regina Teodolinda, accusata di infedeltà dal marito. Un’altra ancora racconta di come, nel X secolo, Adelaide di Borgogna, in fuga attraverso le Alpi per sfuggire al matrimonio con Adalberto, figlio di Berengario, venne raggiunta dal suo promesso sposo a Domofole e ivi imprigionata. Riacquistò la libertà grazie all’intervento del chierico Martino di Bellagio, che la diede in sposa ad Ottone di Germania.

Per ulteriori approfondimenti si consiglia il libro “Uno sguardo dal castello di Domofole. Materiali e riflessioni per una storia della bassa Valtellina del medioevo” di Rita Pezzola.