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Autore: Infopoint

Museo dell’Homo Salvadego

A due passi dalla Chiesa Parrocchiale di Sacco in Valgerola, un antico edificio, sino a non molti anni fa adibito a stalla e fienile, ospita il Museo dell’Homo Salvadego.

Al primo piano, da una porta sormontata da un cartiglio con scritta beneaugurante e la SS. Trinità, si accede alla deliziosa “Camera Picta”. Le pareti interne sono dipinte con decorazioni a stampino, motivi floreali e cartigli con scritte in caratteri gotici, parte in volgare e parte in latino, che riportano proverbi e motti moraleggianti.

Non mancano parti figurative: su una parete un riquadro con la Pietà e S. Antonio Abate. Ai lati della porta d’ingresso, da una parte un arciere pronto a scoccare il proprio dardo, dall’altra un personaggio dal corpo peloso e dalla barba fluente. Ostentando un nodoso bastone svela la propria identità tramite un cartiglio posto a mo’ di fumetto: “Ego sonto un homo salvadego per natura, chi me ofende ge fo pagura”. È questa una delle più belle immagini, finora documentate, dell’Homo Salvadego. Un personaggio che non è solo un fenomeno locale, ma è un vero e proprio simbolo della cultura contadina alpina.

Gli affreschi, datati 18 maggio 1464, sono opera dei maestri “Batestinus e Simon”, forse dei Baschenis di Averara, famiglia di pittori itineranti. Del committente si conosce solo il nome: Agostinus De Zugnonibus. L’ipotesi più plausibile è che fosse notaio; certamente era persona dotata di disponibilità economica e buona cultura. Al piano superiore trovano posto alcuni pannelli espositivi che evidenziano la diffusione, nel contesto alpino, di esempi architettonici, pittorici e di altre forme espressive, analoghi a quello di Sacco. Inoltre, dal 1988 l’immobile è di proprietà della Comunità Montana Valtellina di Morbegno che ne ha curato il restauro e la trasformazione in museo specialistico.

Informazioni

Ecomuseo della Valgerola
Via P. De Mazzi, 11
23010 – Gerola Alta (SO)
+39 393 8644223
info@ecomuseovalgerola.it

Cappella La Bona Lombarda

Posizione: Cosio Valtellino – Fraz. Sacco – Località Campione – Antica Strada della Valgerola

La mulattiera tra Morbegno e Sacco (Cosio Valtellino) è storia, natura e leggenda.

Il percorso, che inizia in Via Carlo Cotta – Vicolo Nani, passa per la Selva Maloberti, con vista su Morbegno, e in Località Campione incontra la figura della Bona Lombarda, qui nata nel 1417.

Fra le persone illustri che dominano i paesi vicini a Morbegno, una famosa e molto nota fu Bona Lombarda, donna veramente singolare, che seppe ispirare, con le sue gesta tanto piene di virile ed umana fortezza, studiosi e scrittori. Nel 1432, nel pianoro di Campione lungo la valle del Bitto, in mezzo a vetusti castagni, prati e case rurali, la notò il capitano di ventura Pietro Brunoro dei conti di San Vitale mentre era al servizio del duca di Milano, il quale dopo aver battuto i Veneziani a Delebio, presidiava la zona di Morbegno. Il capitano e Bona si innamorarono e lei lo seguì sempre in battaglia: una vita tra intemperie e pericoli, fedele, coraggiosa ed ottima consigliera al servizio dei Signorotti. In località Campione, dove si narra esista ancora la casa natale dell’eroina, nell’edicola detta “Cappella Lombarda” associando la memoria del Giubileo Sacerdotale di papa Leone XIII, nel 1887, venne collocata una lapide con una bellissima iscrizione di Don Antonio Maffei, che riassume le vicende di Bona Lombarda:

«Bona Lombarda, a cui unanimi le storie tributano omaggi e lodi, nacque del 1417 fra il gruppo degli umili casolari qui tuttora sorgenti. Virtuosa e bella mentre tra queste selve guidava il gregge istantaneamente richiesta dal visconteo capitano Pietro Brunoro lo seguiva fida moglie in ogni evento nei generosi propositi irremovibile. Sfidò i perigli, difese e salvò il marito, conseguì vittorie e palme. Ammirata da tutti, reduce dalle turchesche pugne di Negroponte, moriva in Modone nel 1468. Altro esempio che anche in poveri tuguri e sotto ruvide spoglie nascondono talvolta magnanimi spiriti capaci di ardue e nobilissime imprese» (Antonio Maffei, 1887).

Il sentiero prosegue, oltre la cappelletta dedicata alla Bona Lombarda, e raggiunge la località di Sacco.

PER ULTERIORI INFORMAZIONI:
https://www.ecomuseovalgerola.it/sentieri-storici/
https://www.ecomuseovalgerola.it/la-bona-lombarda/

Attrattiva aperta al pubblico e visitabile.

Biorca – Bagini

PARTENZA: Biorca (1140 m)

ARRIVO: Bagini (1260 m)

DISLIVELLO: +120 m

DIFFICOLTÀ: Facile la Val Corta in Val Tartano è un vero paradiso per le ciaspole. L’itinerario qui proposto è semplice e alla portata di tutti. Partendo dalla località Biorca (1140 m, a sud-ovest del nucleo di Tartano) si percorre il tracciato della strada sterrata che si inoltra nella Val Corta fino al caratteristico abitato di Bagini (1260), punto nel quale la valle si dirama in Val di Lemma e Val Budria.

Mulino Mazza di Delebio

Il mulino Mazza è un edificio storico perfettamente inserito in uno dei pochi “culundéi”, quello dei Mazza, che ha mantenuto a Delebio una caratteristica urbanistica particolare: strade strette e tortuose, a fianco di un palazzo signorile, il Bassi, nello stesso tempo di abitazioni rurali con tipologie costruttive tradizionali. L’attrezzatura è tutta presente al piano terreno in un unico grande locale e consiste in: due macine, una per il frumento, una per il granoturco, e i rispettivi buratti; due impastatrici, una in ghisa e l’altra in legno; un torchio per la pasta; una dinamo per la produzione di calore per l’essicazione della pasta e tutta una serie di altri piccoli attrezzi per il lavoro del mugnaio. La forza motrice era fornita dalla “rugia”, che scorre accanto, grazie a una turbina “Francis” istallata negli anni trenta, ed ora sostituita grazie ad un progetto finanziato dalla Proloco di Delebio e dalla Pro Valtelliina, grazie al quale il mulino è tornato attivo e diventerà un piccolo museo.

Torchio di Corlazzo

Abbarbicato sulla soliva Costiera dei Cèch, nel comune di Traona. La frazione di Corlazzo è raggiungibile in auto o a piedi da Traona o dalla frazione di Santa Croce di Civo. Il borgo di Corlazzo conserva buone testimonianze di un urbanesimo rurale particolarmente interessante. Tra queste, degno di nota è l’antico torchio a leva (el torch), risalente al ‘600, tra i meglio conservati in tutta la Valtellina.

Il torchio di Corlazzo colpisce per l’enorme dimensione: costituito da tronchi in castagno resi collaboranti tra loro da cerchi metallici, appoggiano da un lato su una robusta incastellatura e dall’altro su una notevole vite di legno di noce incastrata in un grosso masso (preda in dialetto) di forma cilindrica, che trova sede in una buca ricavata nel pavimento. Il tavolaccio che raccoglie le vinacce e il vino che ne deriva dalla spremitura delle stesse, defluisce attraverso le scanalature nell’ apposito mastello (“segiùn”).  Generalmente con il termine torch si intende sia lo strumento vero e proprio destinato alla pigiatura delle vinacce, sia l’edificio, un locale rustico alto e lungo, nel quale l’attrezzo agricolo è contenuto. Uno degli ultimi proprietari riferisce che questo torchio venne costruito da un suo antenato che nei primi anni del XVII secolo lasciò la Valsassina per trasferirsi a Corlazzo di Traona.

Il nome della famiglia e una data seicentesca sono tutt’ora visibili sul tronco principale. Si ha poi notizia di una ristrutturazione del ‘700. Il torchio non andò in eredità ad una sola persona, ma rimase proprietà della famiglia, che, una volta allargatasi, dovette organizzarsi in turni più o meno complessi per usufruirne. Successivamente il Torchio di Corlazzo venne utilizzato dietro pagamento anche da altre famiglie che possedevano vigne vicine, assumendo i tratti di un torchio consortile e andando a costituire un luogo di socialità oltre che di lavoro. Si hanno notizie dell’uso del torchio fino agli anni ’70 del XX secolo. Attualmente la proprietà, dopo il recupero realizzato grazie anche a contributi della Comunità Montana Valtellina di Morbegno, è del Comune di Traona.

VISITABILE SU PRENOTAZIONE

Informazioni

Per visite rivolgersi a:
Comune di Traona
Via Parravicini, 10
23019 Traona (SO)
Tel. 0342 652341amministrazione@comune.traona.so.it

Chiesa di Santa Caterina (Corlazzo)

La piccola chiesa di Santa Caterina si trova poco al di fuori dell’abitato di Corlazzo (Traona), lambita dalla strada a mezza costa Traona – Santa Croce, detta Via Manescia, e dall’antico percorso con i nuclei di Santa Apollonia e Valletta. L’edificio risale almeno alla seconda metà del XV secolo, come documentano gli affreschi più antichi del presbiterio. La forma ed alcuni elementi della sacrestia fanno però pensare ad una struttura precedente, forse una torre d’osservazione. La struttura venne successivamente ampliata verso ovest, forse nel XVI secolo, assumendo le fattezze attuali.

La facciata presenta frammenti di un dipinto murale. Il piccolo, asimmetrico rosone, durante alcuni tramonti dell’anno, convoglia i raggi del sole formando un cerchio di luce che avvolge la Madonna dai lunghi capelli col Bambino del presbiterio. Particolarmente interessanti per gli antichi affreschi sono il presbiterio e la cappella. Il primo ha una volta a crociera con costoloni decorati che poggiano su peducci in granito, suddivisa in quattro vele. Esse recano i Dottori della Chiesa e in chiave di volta la Trinità trifronte. Sulla parete di fondo è raffigurato lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina, le Sante Agata e Apollonia e quattro monaci. Al centro della rappresentazione la Vergine siede su un trono di marmo coperto da stoffe di bel disegno. Quindi il pavimento, disegnato a quadri, dona l’effetto della prospettiva. Questo ciclo di affreschi è attribuito ad un Pittore lombardo del nono decennio del XV secolo.

La cappella, sul lato sud, è anch’essa affrescata. La composizione delle pareti è suddivisa in due fasce: un basamento a figure geometriche e una Processione di Santi. Tra questi spicca la figura di San Pietro. Nella parete di fondo si riconoscono la Madonna col Bambino, Santa Caterina, San Giovanni Battista e numerosi Angeli musicanti con clavicembalo, liuti e altri strumenti. La volta contiene dei medaglioni recanti delle figure di Sante, mentre del Cristo entro una mandorla luminosa con Evangelisti ai lati non rimangono che delle tracce. Gli affreschi della cappella sono attribuiti a Giovanni Andrea de Magistris, quindi databili all’inizio del XVI secolo. All’esterno, sul muro del presbiterio verso la strada, protetto da uno sporto, v’è l’affresco dell’Annunciazione. Esso è caratterizzato da una “geometrizzazione” delle figure e un “vago, ma intenso sapore pier-francescano”.

La composizione è divisa in due parti da una finestra decorata: da un lato l’Angelo di profilo su uno sfondo di montagne, dall’altro la Madonna entro un tempietto con colonna e capitello e strutture ad arco. La colonna divide, netta, gli spazi della natura da quelli del tempietto. Anche questo affresco, “dagli influssi d’arte toscana”, è attribuito alla mano del Pittore quattrocentesco che ha dipinto il presbiterio.

Val di Mello

PARTENZA: San Martino (960 m)

ARRIVO: Rasega (1151 m)

DISLIVELLO: +191 m

DIFFICOLTÀ: Facile

La Val di Mello, celebre meta estiva, regala un’incantevole escursione anche agli amanti delle ciaspole. Dall’abitato di San Martino si può raggiungere a piedi con i doposci il parcheggio nei pressi della trattoria Gatto Rosso e da qui partire con le ciaspole addentrandosi nella valle fino alla località Rasega.

N.B. Se l’innevamento non è sufficiente a rendere il percorso adatto alle ciaspole, l’itinerario può essere percorso con doposci o scarponcini invernali anche sulla neve battuta.

Albaredo – Alpe Piazza

PARTENZA: Strada provinciale del Passo San Marco Km 15,100 (1370 m)

ARRIVO: Alpe Piazza (1830 m)

DISLIVELLO:  +460 m

DIFFICOLTÀ: Facile

Ciaspolata adatta a tutti che garantisce una vista meravigliosa su Alpi Retiche e Orobie. Raggiunto il paese di Albaredo per San Marco, si prosegue sulla strada provinciale che conduce al Passo San Marco (chiuso nella stagione invernale) fino al km 15,000, posteggiando dove c’è la deviazione per il Rifugio Alpe Piazza. Da qui si prende prima la strada sulla sinistra seguendo le indicazioni per Rifugio Alpe Piazza, dopodiché si imbocca la mulattiera sulla destra che con tornanti e traversi porta al maggengo di Scoccia (1445 m) e poi a Corte Grassa (1614 m) e Corte Grande. Da qui la pendenza si fa meno marcata e per un breve tratto ci si inoltra nel bosco, prendendo a sinistra quando incontriamo un bivio (seguire indicazioni per rifugio e Monte Pisello) per poi giungere a Baitridana (1670 m). Volgendo verso sud arriviamo quindi all’alpeggio di Alpe Piazza e con un lungo e facile traverso del pascolo al Rifugio.

Biorca – Dosso Pàia

PARTENZA: Biorca (1140 m)

ARRIVO: Dosso Pàia (1688 m)

DISLIVELLO:  +548 m

DIFFICOLTÀ: Facile

Il punto di partenza è il parcheggio nei pressi del torrente Tartano, in località Biorca, raggiungibile dal fondovalle con la SP 11.
La strada in Val Corta, con le acque a sinistra, è da seguire per circa 700 metri, poi – al bivio – c’è la carrozzabile che raggiunge i Fognini a quota 1300 metri, con un ultimo tratto di sentiero segnalato dopo il quarto tornante (altrimenti si va per la Foppa). La contrada è anche di interesse architettonico per la presenza di alcune esempi di blockbau, che è la prima e più antica forma di costruzione lignea, del 1600, i più antichi di tutta la Val Tartano. Il ripido prato, oltre le baite, accompagna al bosco, circa 100 metri più su e poco dopo un fienile in legno che il sentiero supera a sinistra. Gli abeti scoprono il cielo solo oltre i 1600 metri di altitudine, con il Dosso Pàia a quota 1688 m che è il primo punto panoramico; oltre, risalendo la radura, senza mai rientrare nel bosco – 1835 sono i metri sul livello del mare – c’è Baitü.

Testo tratto da www.amolavaltellina.eu a cura di Silvia Angelini.

Morbegno – Valle

PARTENZA: Morbegno

ARRIVO: Valle

DISLIVELLO: +570 m

DIFFICOLTÀ: T (turistica)

DURATA: 1 h 10 min

Da Morbegno, salendo per la via Priula e seguendola per tutto il suo percorso, si giunge al piccolo abitato di Valle.

Ideale per una passeggiata rilassante immersi nella natura. Se siete più atletici e questo percorso non fosse sufficiente a soddisfare la vostra voglia di Orobie, vi consigliamo di percorrere a ritroso il percorso Morbegno Arzo Pitalone Valle, che vi riporterà sempre a Morbegno ma con una camminata decisamente più lunga e soddisfacente.